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Bes 2018: cresce il benessere, ma non la fiducia nella politica

Dal Rapporto dell'Istat emerge che nell’ultimo anno di disponibilità dei dati, la situazione è in miglioramento. Peggiorano, tuttavia, le relazioni sociali
di Redazione

Come se la passa l’Italia? L’Istat ha diffuso oggi, 18 dicembre, l’ormai consueto Rapporto sul Benessere equo e sostenibile (Bes 2018) che, per dirla con l’Istituto, «offre una lettura del benessere nelle sue diverse dimensioni, ponendo particolare attenzione agli aspetti territoriali». Gli indicatori del Bes, in tutto 130, sono articolati in 12 domini: Salute; Istruzione e formazione; Lavoro e conciliazione dei tempi di vita; Benessere economico; Relazioni sociali; Politica e istituzioni; Sicurezza; Benessere soggettivo; Paesaggio e patrimonio culturale; Ambiente; Innovazione, ricerca e creatività; Qualità dei servizi.

Dal Rapporto emerge che nell’ultimo anno di disponibilità dei dati, la situazione del complesso delle misure del Bes è in miglioramento: quasi il 40% degli indicatori per i quali è possibile il confronto mostrano una variazione positiva rispetto all’anno precedente mentre risultano inferiori, ma significative le percentuali di quelli che peggiorano (31,8%) o rimangono sostanzialmente stabili (29,1%). I domini che esprimono la maggiore diffusione degli andamenti positivi sono Innovazione, ricerca e creatività (86% di indicatori con variazione positiva), Benessere economico (80%) e Lavoro e conciliazione dei tempi di vita (67%). Il dominio Relazioni sociali, con oltre un terzo degli indicatori in peggioramento, è quello che mostra le maggiori criticità nel breve periodo. Entriamo nel dettaglio di alcuni spunti, tra i più significativi.

Salute. Nel 2017 si interrompe di nuovo il trend di crescita della speranza di vita, dopo la flessione del 2015, con una riduzione del tradizionale vantaggio delle donne. La maggiore longevità femminile si accompagna a condizioni di salute più precarie: una donna di 65 anni può aspettarsi di vivere in media ancora 22,2 anni, di cui il 58% con limitazioni nelle attività; per un uomo della stessa età la speranza di vita è 19 anni, di cui solo il 47% con limitazioni.

Istruzione. I principali indicatori dell’istruzione e della formazione si mantengono molto inferiori alla media europea; particolarmente critica la dinamica dell’uscita precoce dal sistema di istruzione e formazione (14% dei giovani di 18-24 anni) in crescita dopo 10 anni di ininterrotta diminuzione, specialmente al Nord.

Lavoro. I livelli di occupazione dei 20-64enni (62,3%) aumentano, ma a un ritmo più lento rispetto a quelli medi europei (72,2%), con un divario più ampio per le donne. Le condizioni del Mezzogiorno rimangono comunque difficili: in Sicilia la quota di mancata partecipazione al mercato del lavoro raggiunge il 40,8%, un valore dieci volte maggiore rispetto a quello registrato nella provincia autonoma di Bolzano. Lievi miglioramenti si registrano per la sicurezza sul lavoro: il tasso di infortuni mortali e inabilità permanente continua a ridursi, raggiungendo nel 2016 quota 11,6 infortuni per 10mila occupati (12,1 nel 2015).

Benessere economico. Torna ai livelli del 2010-2011 il reddito aggiustato lordo disponibile pro capite delle famiglie, che ammonta a 21.804 PPA (Parità del Potere d’Acquisto), risultando inferiore dell’1,7% alla media europea e del 7,8% alla media dell’area euro. In peggioramento nel 2017 l’incidenza di povertà assoluta, basata sulla spesa per consumi, che riguarda il 6,9% delle famiglie (da 6,3% nel 2016) e l’8,4% degli individui (da 7,9%) mentre i dati sui redditi, riferiti al 2016, mostrano una lieve flessione della quota di persone a rischio di povertà (20,3% contro 20,6%).

Politica e istituzioni. Diminuisce la fiducia dei cittadini rispetto al sistema giudiziario, al Parlamento, e ai partiti politici (punteggio medio 4,2, 3,4 e 2,4 su 10) mentre sono valutate in maniera più positiva le istituzioni che svolgono attività di vigilanza, di soccorso e di difesa civile, come le Forze dell’ordine e i Vigili del fuoco (7,3).

Relazioni sociali. Nel medio periodo si registra un quadro di progressivo impoverimento delle relazioni sociali per tutte le ripartizioni geografiche, confermato anche nell’ultimo anno. L’unico elemento positivo è l’aumento delle istituzioni non profit attive in Italia, che crescono del 2,1% in un anno e sono 56,7 ogni 10 mila abitanti nel 2016. Prosegue nel 2017 il calo della partecipazione politica (“parlare di politica”, “informarsi”, “partecipare on line”) che tocca un nuovo minimo (59,4%, – 3,4 punti percentuali rispetto al 2016). Peggiora la disponibilità di una rete amicale e parentale alla quale fare riferimento: la quota di popolazione che dichiara di avere parenti, amici o vicini su cui contare scende dall’81,7% all’80,4%; la diminuzione si concentra proprio nelle regioni del Mezzogiorno, che già presentavano i livelli più bassi, con un aumento delle differenze territoriali.

Sicurezza. Prosegue il calo degli omicidi (nel 2017 sono 0,6 per 100 mila abitanti) e migliora, seppure leggermente, anche la percezione di sicurezza: le persone che si dichiarano molto o abbastanza sicure di camminare al buio da sole nella zona in cui vivono sono il 60,6% nel 2016 (59,6% nel 2009).

Innovazione e ricerca. La spesa in Ricerca e Sviluppo (R&S) sul Pil è in aumento nel 2016 (+0,1 punti), così come gli investimenti in prodotti della proprietà intellettuale (+2,1% nel 2017), per i quali tuttavia permane un ampio gap rispetto ai livelli registrati nel resto dei Paesi europei. Migliora nel 2017 il saldo tra entrate e uscite dei giovani laureati italiani, con il tasso migratorio che passa a -4,1 per mille (da -4,5 del 2016). Il Nord si conferma l’area del paese che offre maggiori opportunità ai giovani con alto livello d’istruzione (+7,7 per mille) mentre si registra una diminuita capacità del Centro di attrarre e trattenere giovani laureati (-2,9, da -2,4 nel 2016) e una sostanziale stabilità al Mezzogiorno, dove prosegue la perdita di giovani laureati (-23 per mille).

Ovviamente le valutazioni possono variare sulla base di diversi fattori. Importanti differenze emergono nel confronto tra generazioni e tra livelli di istruzione. I giovani di 18-29 anni attribuiscono più importanza alle relazioni sociali (con una distanza di 0,7 nel punteggio medio rispetto ai più anziani), alla capacità di ricerca e innovazione nonché al benessere inteso come soddisfazione per la propria vita (entrambi +0,6). Le persone di 65 anni e più, invece, sono più sensibili alla sicurezza personale (con una distanza di 0,4 rispetto ai più giovani). Chi ha almeno la laurea mostra, rispetto alle persone con livello di istruzione più basso (al massimo licenza media), particolare sensibilità ai temi connessi a innovazione (+0,9) e paesaggio (+0,7) e considerano rilevanti per il proprio benessere anche il lavoro e la politica (entrambi +0,6). Le persone con un livello di istruzione più basso danno, invece, maggiore peso alla sicurezza personale (con una distanza di 0,4 rispetto ai laureati). Anche il profilo territoriale conta molto nei giudizi, da cui emerge in diversi indicatori il consueto divario Nord-Sud.

(fonte: Istat)

 

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