Il “nuovo” Brasile e la sfida della crescita
È tempo di cambiamenti in Brasile? Sembrerebbe proprio di sì. La recente elezione a presidente di Jair Bolsonaro, osserva l’ufficio studi di Sace nell’ultima pubblicazione a cura di Davide Serraino, Sasso nello stagno, «segna un cambio di rotta rispetto al corso degli ultimi tre lustri della politica brasiliana, dominati dalla figura di Lula e dal Partito dei Lavoratori (PT)». Un’ascesa, quella di Bolsonaro, che potrebbe essere spiegata proprio con la recessione che ha colpito la geografia sudamericana tra il 2015 e il 2016, determinando un calo complessivo del Pil del 7%, oltre che sulle vicende giudiziarie e di corruzione che hanno coinvolto nel paese diversi esponenti politici di spicco tra cui l’ex presidente Lula.
Nel 2017 è iniziato il processo di ripresa dell’economia, ma la sfida del consolidamento della crescita resta tra le più difficili. Stando alle previsioni del FMI, osserva l’ufficio studi Sace, agli attuali ritmi, il livello di Pil del 2014 verrebbe raggiunto solo alla fine del 2020. Il paese dovrà quindi compiere progressi significativi per scrollarsi di dosso il titolo di economia dal “volo di gallina”, sempre pronta a decollare, ma dai frequenti passi falsi. La nuova amministrazione brasiliana dovrebbe muoversi, con lo scopo di rilanciare l’economia, seguendo alcuni punti fermi già ampiamente annunciati: «La privatizzazione di importanti società statali con l’obiettivo di abbattere il debito pubblico (aumentato significativamente negli ultimi anni, dal 62% del 2014 all’84% del 2017); la semplificazione del sistema fiscale; la riforma del sistema pensionistico; l’aumento del grado di apertura commerciale del Paese, attualmente ancora particolarmente “protetto”. Il dazio medio sui prodotti importati è infatti superiore all’8%, con picchi del 35% nel tessile e sui veicoli a motore. Sono inoltre presenti barriere di natura non tariffaria (requisiti tecnici, sanitari, ambientali, local content requirement): ad esempio, i prodotti alimentari e i cosmetici sono soggetti a licenza e necessitano di autorizzazioni da parte di diversi organi di controllo».
Certo non mancheranno gli ostacoli per Bolsonaro, che entrerà in carica a inizio anno. «In primis – si rileva – la forte frammentazione parlamentare e una maggioranza non troppo ampia; in secondo luogo, l’opposizione di diversi gruppi di interesse che hanno contribuito alla vittoria di Bolsonaro e che sono favorevoli al mantenimento dello status quo (in particolare, militari, evangelici e produttori agrari); inoltre, non è da escludere la possibilità di frizioni anche all’interno della stessa compagine di governo, tra l’ala liberale e la corrente maggiormente orientata alla difesa degli interessi nazionali». A tale proposito «le imprese italiane con interessi nel paese dovranno monitorare con attenzione l’evoluzione del contesto politico-economico del Brasile, un mercato che continuerà a rappresentare un’importante fonte di domanda per i prodotti Made in Italy e una geografia ricca di opportunità anche dal lato degli investimenti: non a caso il Brasile è tra le geografie prioritarie come definito dalla Cabina di regia sull’internazionalizzazione».
Nel 2017 le esportazioni italiane hanno raggiunto i 3,8 miliardi di euro, in aumento di quasi il 19% rispetto al 2016 e l’ottima performance è proseguita anche nei primi 8 mesi del 2018 (+11,6%, oltre le previsioni già ampiamente positive di SACE SIMEST), principalmente grazie al traino dei beni di investimento, ma anche della farmaceutica. Si tratta di risultati incoraggianti, ma ancora distanti dal livello record del 2013 (5,1 miliardi di euro). Nel triennio 2019-21, secondo le previsioni SACE SIMEST, si recupererà una buona parte del terreno grazie a un incremento del 5,7% in media l’anno, con buone prospettive nei settori della meccanica strumentale, della chimica e dei mezzi di trasporto.
La ripresa in corso in Brasile, conclude il Gruppo Sace nella sua analisi, «apre spazi per una domanda potenziale per i beni italiani, specie per i nostri macchinari (agricoli, alimentari, per imballaggi, per la lavorazione dei metalli, del vetro e della plastica). L’industria locale inoltre necessita di trasferimenti di know-how e di continui aggiornamenti delle tecnologie esistenti, oltre a pezzi di ricambio o servizi post-vendita. La nostra quota di mercato in Brasile è in linea con quella dei principali peer europei, ma ben inferiore a quella della Germania (2,6% vs 6,1%)».
(fonte: Gruppo Sace)