La crescita dell’Eurozona rallenta. E il 2019 non sarà una passeggiata
Il 2018 sembra non chiudersi nel migliore dei modi. E di certo il 2019 non sarà una passeggiata. Il rallentamento economico che sta investendo l’Europa preoccupa, in particolare proprio l’Italia, per una serie di ragioni. La ripresa cui abbiamo assistito negli ultimi anni sta entrando in una prolungata fase di rallentamento e se rallenta l’Eurozona nel complesso, un paese come l’Italia – che è con costanza cresciuta meno rispetto ai principali partner – potrebbe frenare ulteriormente. Se il rallentamento interessa in buona parte anche la Germania (a novembre la produzione industriale è scesa ancora, dell’1,9%, dopo il -0,8% di ottobre), vuol dire che aumentano i rischi per la congiuntura europea. Infine, tale rallentamento combacia con lo stop al quantitative easing della BCE, che invece aveva contribuito a mettere a sistema una maggiore liquidità, incentivando i prestiti alle imprese e contrastando la stretta del credito che è stata tra i peggiori “mali” della crisi economica.
Quest’ultimo aspetto, in ogni caso, per il momento è trascurabile. Lo spiega l’Eurozone Economic Outlook di Istat-Ifo-Kof: «La BCE ha deciso di mantenere invariati i tassi di interesse interrompendo, come annunciato, il programma di acquisto di attività finanziarie nel dicembre 2018. La decisione è stata già scontata dai mercati e si prevede un impatto trascurabile sull’inflazione nei prossimi mesi. Allo stesso tempo, il recente calo dei prezzi del petrolio fornirà un contributo negativo all’andamento dell’inflazione».
Procediamo con ordine, allora. Nel terzo trimestre il Pil dell’area dell’euro è aumentato in misura inferiore rispetto al periodo precedente (rispettivamente +0,2% e +0,4%). Il rallentamento è dovuto alle flessioni registrate in Germania (-0,2%) e Italia (-0,1%); per la Germania la contrazione è principalmente riconducibile in parte al calo temporaneo della produzione nell’industria automobilistica tedesca, che ha avuto un effetto sul contributo negativo della domanda estera sulla crescita dell’area euro. Per l’Italia, la domanda interna ha registrato flessioni in tutte le sue componenti. La Spagna ha mostrato una stabilizzazione dei ritmi di crescita (+0,6%) e la Francia un’accelerazione (+0,4% rispetto a +0,2 osservato nel secondo trimestre).
C’è da sottolineare, a tale proposito, che tolte le singole eccezioni, nel terzo trimestre l’andamento economico delle principali economie avanzate ed emergenti ha segnato una decelerazione. «La crescita del Pil statunitense – si legge nell’Eurozone Economic Outlook – è risultata solo marginalmente inferiore a quella del trimestre precedente, mantenendosi al di sopra del suo potenziale. Il rallentamento delle economie dei paesi emergenti è stato accompagnato da un generalizzato inasprimento delle condizioni finanziarie prefigurando ulteriori difficoltà a breve. Nei primi tre trimestri del 2018, secondo i dati del Central Planning Bureau, anche il commercio internazionale di merci in volume è aumentato con intensità più contenute rispetto all’anno precedente. Le previsione dell’OECD confermano lo scenario di moderazione per la crescita economica del prossimo anno».
È in questo senso che «i rischi per le previsioni dell’economia dell’area euro hanno un orientamento negativo». E le spinte al ribasso sono più o meno le stesse da poco più di un anno a questa parte: «Le incertezze legate a fattori politici come la Brexit, le dispute sui dazi commerciali, la vulnerabilità nei mercati emergenti e volatilità dei mercati finanziari minacciano le prospettive economiche e finanziarie per il 2019». Tuttavia, in questo scenario, «l’impatto sull’economia mondiale della normalizzazione della politica monetaria negli Stati Uniti», spesso criticata dal presidente Donald Trump, «è ancora difficile da stimare».