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Le previsioni della Cina per il 2019

Le stime in apertura dei lavori del Congresso annuale dell’Assemblea nazionale del popolo: crescita del Pil più prudente. «I rischi e le sfide sono più grandi e maggiori in numero e dimensioni»

di Redazione

Un 2019 in salita, alle prese con un ambiente più ostico per cui i «rischi e le sfide sono più grandi e maggiori in numero e dimensioni». È questo che si attende la Cina, all’avvio del Congresso annuale dell’Assemblea nazionale del popolo cinese (a cui partecipano tremila delegati). L’economia cinese è in trasformazione da diversi anni e gli ultimi scossoni (compresa la recente guerra commerciale con gli Stati Uniti, che però sembra ormai prossima alla soluzione) hanno contribuito a modificarla ancora.

Le stime vorrebbero una crescita più prudente del Pil (al 6-6,5%, in lieve calo dal +6,6% del 2018, comunque al passo più lento degli ultimi 28 anni) per l’anno in corso. Pechino prevede un piano per tagliare le tasse e rilanciare l’occupazione, mentre il budget militare per il 2019 aumenterà del 7,5%, a 1.189,8 miliardi di yuan, circa 175 miliardi di dollari (quindi ad un ritmo inferiore rispetto allo scorso anno, quando si era attestato all’8,1%, ma sufficiente per il potenziamento delle forze armate, condizione che il presidente Xi Jinping ha posto per competere a livello internazionale).

La disoccupazione salirà nel 2019 dal 5% al 5,5% nelle aree urbane, in ogni caso ci saranno incentivi alle imprese che si faranno carico dei disoccupati «strutturali», anche migliorando i sistemi di formazione professionale (si parla, nel complesso, oltre 11 milioni di nuovi posti di lavoro).

Sullo sfondo resta poi la guerra commerciale con gli Stati Uniti, che secondo il Wall Street Journal potrebbe avere una sua conclusione entra la fine del mese. Entrambi i paesi si sarebbero impegnati in queste settimane di negoziati a ridurre i dazi sulle importazioni. La Cina inoltre potrebbe impegnarsi sul fronte della proprietà intellettuale, per favorire le imprese straniere ed evitare abusi.

Pechino è da tempo impegnata nella realizzazione della Belt and Road Initiative (BRI), il mega-progetto che ha lo scopo di rivitalizzare l’antica Via della Seta, che si snoda via terra e via mare dall’Asia all’Europa, coinvolgendo circa 65 Paesi con investimenti stimati per 350 miliardi di dollari, presentato nel 2013 dal presidente Xi Jinping. Ma al di là degli investimenti massicci all’estero, la Cina ha visto trasformare la sua economia molto spesso di recente. Alcuni anni fa Pechino decise di adottare misure per favorire i consumi interni, quasi un cambiamento di paradigma – una sorta di rallentamento controllato a fronte di un sistema che da sempre si regge soprattutto sulle esportazioni – che però procedeva a rilento. La diretta conseguenza di tale politica è stata la riduzione della crescita, con numerosi svantaggi anche per le aziende (in particolare quelle del lusso) che vendono in Cina. Mollata la presa, l’export ha ricominciato a correre. Parlando al Forum di Boao (la Davos dell’Asia), il presidente cinese Xi Jinping ha annunciato che Pechino allenterà i limiti agli investitori stranieri nel settore dell’auto e taglierà i dazi all’import di veicoli. La Cina prevede anche una maggiore apertura ai capitali stranieri nel settore dei servizi finanziari e una migliore protezione della proprietà intellettuale. Un modo, per Xi, di consolidare il “nuovo” ruolo della Cina nel mondo, di cui la BRI – attraverso questi canali la Cina vuole raggiungere i mercati europei, africani e dell’Asia centrale, via mare e via terra, diversificando le proprie rotte commerciali – è senza dubbio il progetto più ambizioso.

 

1 Commento per “Le previsioni della Cina per il 2019”

  1. […] di espansione. L’obiettivo di crescita annunciato recentemente dal governo cinese per il Pil 2019 è stato ridotto all’intervallo tra il 6 e il 6,5% (il range più basso degli ultimi trenta anni) dal precedente 6,5%. «In questo contesto di forte […]

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