Italia e Germania rallentano, ma la Spagna corre
Il Paese iberico è quello che è cresciuto di più tra le maggiori economie europee. A confermarlo sono i dati dell’Eurostat relativi al quarto trimestre del 2018.
Di Redazione
Ieri l’agenzia di rating Standard & Poor’s ha rivisto al ribasso le stime di crescita dell’Eurozona, spiegando che nel corso del 2019 l’economia dell’area crescerà dell’1,1% contro il +1,6% previsto inizialmente. Un rallentamento, sottolineano gli esperti dell’agenzia, legato soprattutto alle performance di Italia e Germania che, rispetto alle altre economie del blocco, stanno soffrendo maggiormente le incertezze internazionali, legata anche alla guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina.
La Germania, per esempio, non solo ha chiuso il 2018 al di sotto delle attese, arrivando a sfiorare la recessione tecnica nel quarto trimestre (“limitandosi” poi ad una crescita nulla), ma alla fine del 2019 potrebbe rallentare notevolmente: l’IFO prevede un +0,9%, dal +1,1% previsto in precedenza). Ancora più scoraggiante la situazione dell’Italia. Nel 2018 la nostra economia è cresciuta dello 0,9% dal +1,6% del 2017. Un indebolimento legato alle brutte performance che hanno interessato gli ultimi due trimestre dell’anno, quando l’Italia è entrata in recessione tecnica, riportando due variazioni negative consecutive del Pil. Quest’anno potrebbe andare anche peggio: proprio martedì l’ufficio studi d Confindustria ha azzerato la crescita prevista per il 2019.
La Spagna rappresenta un caso particolare: il Paese iberico è quello che è cresciuto di più tra le maggiori economie europee. A confermarlo sono i dati dell’Eurostat relativi al quarto trimestre del 2018. Tra ottobre e dicembre dello scorso anno, il Prodotto interno lordo spagnolo è cresciuto del 2,6%. E in futuro le cose non dovrebbero cambiare molto: le previsioni della Banca di Spagna, la banca centrale spagnola, sostengono che il PIL dovrebbe aumentare del 2,2% nel 2019 – tanto per farsi un’idea: si tratta di una crescita doppia rispetto a quella attesa per la Germania –, dell’1,9% nel 2020 e dell’1,7% l’anno successivo.
Numeri che sorprendono. Specialmente considerando il passato recente della Spagna, dove la crisi economica ha avuto un impatto negativo impressionante: tra il 2007 e il 2014 sono andati persi 3,8 milioni di posti di lavoro. Senza contare il calo dei salari e la crisi del settore edile.
Non mancano comunque diverse ombre. Vediamo quali. Nonostante la crescita notevole degli ultimi anni – l’economia spagnola è in espansione da cinque anni –, in Spagna si conta ancora il maggior numero di disoccupati dell’Unione europea (alla ricerca di un impiego sono in 3,3 milioni) che si accompagna a uno dei più alti tassi di povertà e il secondo tasso di senza lavoro più alto nell’Ue: 14%. Secondo solo a quello registrato in Grecia.
Paradossalmente è stato proprio il crollo causato dalla crisi economica a permettere le performance degli ultimi anni: dal 2015 in poi l’occupazione è aumentata del 3% circa ogni anno, innescando un aumento dei consumi delle famiglie, che hanno trainato l’aumento del Prodotto interno lordo. A incidere, poi, è stata anche la minore dipendenza dell’economia spagnola dalle esportazioni e che quindi sta risentendo poco delle tensioni commerciali dovute allo scontro tra Stati Uniti e Cina.