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Dove è più facile essere donne lavoratrici

Conciliare lavoro e famiglia è ancora un problema per le donne, ma quali sono i paesi maggiormente women-friendly?
di Silvia Capone

Qualche giorno fa è circolata la notizia di una donna, un’avvocatessa, che ha chiesto il rinvio di un’udienza per maternità a rischio di parto prematuro – con tanto di certificato medico -, ma il legittimo impedimento le è stato negato.

L’avvocatessa ha condiviso su Facebook la propria esperienza per sensibilizzare l’opinione pubblica, sottolineando che il rinvio non sarebbe stato un “favore”, ma avrebbe semplicemente rappresentato l’applicazione di una normativa che in tal senso già esiste: l’articolo 1 del protocollo 205 del 2017, che nel comma 465 stabilisce che «quando il difensore documenta il proprio stato di gravidanza, il giudice, ai fini della fissazione del calendario del processo ovvero della proroga dei termini in esso previsti, tiene conto del periodo compreso tra i due mesi precedenti la data presunta del parto e i tre mesi successivi».

È ormai noto, ed è una questione che si sta cercando di risolvere, che i tempi di vita di una donna lavoratrice e mamma siano difficili da gestire, soprattutto in un paese come l’Italia in cui la “problematica” non si limita solo al momento prossimo al parto, ma comprende tutto il periodo di cura dei figli, che è a carico della donna, dato che non è stata ancora del tutto sdoganata la divisione dei compiti all’interno delle mura domestiche. 

Le donne sono quelle che più spesso rispetto agli uomini mettono da parte la carriera o si trovano costrette a ritardare l’avere dei figli per potersi prima realizzare in termini lavorativi. 

Questo va ad aggiungersi ad una situazione di mercato globalizzato e ad uno scenario attuale in cui è necessario sfruttare le opportunità di spostarsi per lavoro per affermarsi, e quindi secondo l’identikit la donna che espatria per motivi lavorativi ha in media 40 anni, è laureata, single e senza figli. Infatti in generale è più facile che le donne, rispetto agli uomini, si trasferiscano come mogli che come lavoratrici, anche se il cambiamento si percepisce dato che sta crescendo il numero delle expat. 

Una ricerca di InterNations, la più grande community di expat, ha intervistato 8.855 donne chiedendo loro quale sia il paese migliore in cui lavorare da un punto di vista femminile, ponendo come parametri le prospettive di carriera, la sicurezza nel lavoro e la conciliazione dei tempi vita-lavoro. Dalla ricerca, basata sulle opinioni delle intervistate, è emerso che il paese ritenuto più a misura di donna è la Repubblica Ceca, seguita dalle isole del Regno di Bahrein e Taiwan – paese in cui le donne sono soddisfatte soprattutto per l’orario di lavoro -, nella top ten compaiono poi nazioni più prevedibili, come Norvegia, Danimarca, Lussemburgo, Nuova Zelanda, Paesi Bassi, Malta ed Australia. Secondo questa classifica, l’Italia è alla penultima posizione nei 57 paesi più ospitali dal punto di vista lavorativo per le donne, seguita solo dalla Grecia. 

L’Italia si conferma agli ultimi posti tra le economie avanzate anche nel Gender Gap Report, secondo cui le nazioni più virtuose sono quelle del blocco nordico: Islanda, Norvegia, Svezia e Finlandia, a cui seguono – inaspettatamente – Nicaragua e Ruanda, e più in fondo Nuova Zelanda, Filippine, Irlanda e Namibia. 

 

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