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Il nuovo governo e il contesto internazionale: sfide e scenari futuri

Oggi, giovedì 5 settembre, il giuramento del Conte bis. Dall’economia che rallenta (e la manovra da scrivere) alla guerra dei dazi, un percorso a ostacoli per l’esecutivo M5s-Pd

di Fabio Germani

Anche la Fed ammette che il «passo moderato» con cui gli Stati Uniti sono cresciuti negli ultimi mesi dipende molto dalla guerra commerciale con la Cina. In Europa, dalla Germania continuano a giungere segnali economici negativi. Dopo la contrazione dello 0,1% registrata nel secondo trimestre dal Pil e dopo l’allarme lanciato dalla Bundesbank riguardo una nuova diminuzione nel terzo, negli ultimi giorni sono arrivati altri segnali non proprio esaltanti. IHS Markit ha evidenziato come l’attività manifatturiera tedesca sia ancora in contrazione, mentre l’Istituto federale di statistica (Destatis) ha registrato un calo degli ordini manifatturieri del 2,2% rispetto a giugno (un dato peggiore delle attese, che indicavano un -1,4%) e un crollo del 5,6% rispetto al luglio dello scorso anno. L’economia tedesca non è buttata lì per caso visto che trascina, o almeno contribuisce in buona parte al rallentamento dell’Eurozona.

Il Presidente Sergio Mattarella in occasione della cerimonia di giuramento del Presidente del Consiglio dei Ministri Giuseppe Conte e dei membri del nuovo Governo (foto di Francesco Ammendola – Ufficio per la Stampa e la Comunicazione della Presidenza della Repubblica)

È in questo contesto di rallentamento generale che il nuovo governo Conte entra in carica (oggi, giovedì 5 settembre, la cerimonia di giuramento al Quirinale; attesi prossima settimana i voti di fiducia in Parlamento), con un’economia – quella italiana – in affanno nell’ultimo periodo. Il Pil dell’area Ocse è rallentato nel secondo trimestre con una crescita dello 0,5% rispetto allo 0,6% registrato nei primi tre mesi del 2019, ma se è vero che una frenata ha riguardato tutti i maggiori paesi, è l’Italia a registrare uno dei ritmi più bassi, considerata la crescita pari a zero sia rispetto al primo trimestre che allo stesso periodo del 2018. Su base tendenziale, anzi, l’economia italiana è, tra i paesi del G7, la peggiore, contro una crescita media dell’1,6% (pari a quella dell’area Ocse). I consumi continuano a mostrare un andamento a rilento e pure i saldi estivi non sono riusciti a farli decollare. La disoccupazione, infine, è tornata a salire leggermente, attestandosi al 9,9% nel mese di luglio.

Il governo dovrà a breve “allestire” la manovra, quantomeno l’impianto generale da presentare a Bruxelles entro metà ottobre, un lavoro non da poco per il nuovo ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri. Il quale è chiamato a coniugare investimenti e contenimento dei conti pubblici (a leggere i punti programmatici dell’esecutivo M5s-Pd, ma trattando con Bruxelles, diventa allora facile supporre, in quanto l’incremento di spesa non ridurrebbe di certo il deficit) e riuscire a scongiurare il tanto temuto – dai commercianti, soprattutto – aumento dell’Iva, che secondo una recente analisi dell’Ufficio Studi di Confcommercio potrebbe erodere il budget dei nuclei familiari, mediamente fino a 541 euro l’anno.

Sullo sfondo, poi, le piccole e grandi questioni internazionali che possono direttamente o indirettamente coinvolgere l’Italia. Anche la questione iraniana, che nelle ultime settimane si è inasprita (le sanzioni riflettono sugli scambi tra Roma e Teheran), ad esempio. La lotta al cambiamento climatico che impone nuovi approcci paradigmatici e modelli di sviluppo. Ma soprattutto i rapporti con Pechino. Il nostro paese, va ricordato, ha firmato un memorandum con la Cina per la Belt and Road Initiative, che ha fatto storcere la bocca agli Stati Uniti, terzo mercato di destinazione dell’export italiano.

Circostanza da non sottovalutare alla luce della guerra dei dazi. Viene fatto notare nell’ultimo rapporto della Fondazione Italia Cina (Cina 2019. Scenari e prospettive per le imprese) che «se, grazie al suo discorso sulla globalizzazione tenuto a Davos nel 2017, il presidente Xi Jinping è stato visto quasi come nuovo leader globale, a distanza di due anni la Cina ha iniziato ad essere percepita sempre più come un attore in competizione». «Questa dinamica – si legge ancora – ha un effetto negativo di breve periodo sull’avanzamento della Belt and Road Initiative che sta incontrando sempre più scetticismo, perché interpretata da ampie parti della comunità internazionale unicamente come strumento della crescita cinese. Il contrasto, quindi, apre una lunga fase di confronto fra Cina e Stati Uniti sulla leadership economica globale, che porterà alla revisione dei pesi relativi delle maggiori economie mondiali». L’Italia, insomma, potrebbe essere messa nella condizione di compiere prossimamente una scelta netta al riguardo.

@fabiogermani

 

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