Aumento del petrolio, le conseguenze economiche
Ancora difficile stabilire quali ripercussioni avranno gli attacchi alle raffinerie dell’Arabia Saudita, ma si temono possibili effetti su benzina e costi di trasporto
di Redazione
Le conseguenze economiche degli attacchi di sabato alle raffinerie dell’Arabia Saudita non sono ancora calcolabili, ma, data la perdita derivante stimata del 5% della produzione mondiale, si è intanto registrato un repentino innalzamento delle quotazioni del petrolio. Ieri il Brent, il petrolio di riferimento europeo, si è attestato ad un +15% e il Wti, il barile di riferimento degli Usa, in aumento del 14,7%, dopo che nella giornata di ieri si era registrato un +19%. Con il taglio di quasi sei milioni di barili di petrolio dell’Arabia, seppure il 70% di quello proveniente da questo paese viene esportato in Cina, le possibili ripercussioni – primo tra tutti l’aumento della benzina – si potrebbero osservare in tutte le economie.
Come prevede Davide Tabarelli, docente all’Università di Bologna e fondatore di Nomisma Energia, in un’intervista rilasciata a Il Messaggero, il rischio che il prezzo del greggio salirà a più di 100 dollari al barile nel giro di pochi mesi non è un’ipotesi così lontana e, in tal caso, le conseguenze tangibili si vedrebbero in un aumento del costo della benzina, che potrebbe arrivare a due euro al litro. Secondo uno studio effettuato dalla Coldiretti, i costi reali dell’aumento del prezzo del carburante non si avrebbero solo per gli automobilisti: in un paese come l’Italia in cui l’85% dei trasporti commerciali avviene su strada, l’effetto valanga comporterebbe contestualmente un aumento dei costi di trasporto e produzione e un calo del potere d’acquisto degli italiani. Come illustra la Coldiretti: l’intero sistema agroalimentare accuserebbe un aumento poiché i costi della logistica pesano per il 30-35% sul prezzo del bene finale.
Tra le prime previsioni sul prezzo del petrolio fatte dopo gli attacchi, quelle della Goldman Sachs stimano che le quotazioni del Brent, con uno stop della produzione di sette giorni, aumenteranno dai tre ai cinque dollari, mentre se l’interruzione durerà dalle due alle sei settimane, l’incremento potrebbe arrivare a 14 dollari. Comunque, al momento, gli esperti non si aspettano uno sconvolgimento globale del mercato del petrolio: già oggi i picchi di ieri sono stati ridimensionati, il Wti arretra dell’1,4%, mentre il Brent perde l’1,1%. I mercati sono stati rassicurati da alcuni fattori: l’Arabia Saudita ha abbastanza riserve per assicurare il greggio per due mesi e la decisione di Trump, annunciata via Twitter, di aprire, se necessario, all’uso delle risorse petrolifere strategiche per «mantenere forniti i mercati».