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Usa 2020. Sarà ancora l’economia il tema decisivo?

Il dibattito negli Stati Uniti in vista del voto di novembre si sta sviluppando attorno a tante questioni. Quali saranno le strategie comunicative dei candidati?

di Fabio Germani

It’s the economy, stupid! È l’espressione (abusata) che spesso utilizziamo per concludere una qualsiasi discussione sugli Stati Uniti alla vigilia di un voto importante quale sarà quello di novembre per le presidenziali. È attribuita allo stratega di Bill Clinton durante la campagna elettorale del 1992 e suggerisce che alla fine, a pesare, è sempre l’economia. Sarà così anche nel 2020? Probabile, ma – nel caso – con sfaccettature molto diverse.

Nel complesso l’economia negli Stati Uniti è in salute, nonostante qualche timido segnale di rallentamento, la disoccupazione è ai minimi. Tanto basterebbe, in teoria, a permettere a Donald Trump di ottenere il secondo mandato. Tuttavia la ripresa economica – cominciata con l’amministrazione Obama – non si è sviluppata in modo omogeneo in tutto il paese, sono rimaste “sacche” in cui la crisi continua a farsi sentire in un modo o nell’altro. Al contempo – con il mercato del lavoro in trasformazione a causa dei processi produttivi automatizzati e dell’espansione dei lavoretti della gig economy – sono cresciuti anche i divari tra i diversi strati della popolazione: sei cittadini statunitensi su dieci ritengono che ad oggi ci sia troppa disuguaglianza economica.

Is it the economy? Eppure, rispetto ad altre questioni, ridurre le disuguaglianze non è in cima alla lista delle priorità degli americani. Almeno così spiega un recente sondaggio del Pew Research Center. Circa quattro statunitensi su dieci affermano che questa dovrebbe essere, appunto, la priorità, ma prima vengono un’assistenza sanitaria più conveniente, contrastare il terrorismo, ridurre la violenza da armi da fuoco, affrontare il cambiamento climatico. Certo, le differenze di giudizio non mancano. Ad esempio tra gli elettori democratici il problema della disuguaglianza economica è sentito molto più che tra i repubblicani e almeno la metà degli americani a basso reddito è d’accordo. Ma ciò è vero anche per le altre delle voci nella lista, con democratici o repubblicani, poveri o ricchi, che avvertono come prioritario questo o quel problema.

Il sondaggio, da solo, non dice granché. Tuttavia può aiutare a comprendere che aria tiri nel paese e magari provare ad immaginare le strategie comunicative dei candidati, al di là delle scadenze imminenti (al Senato Usa si è appena aperto il processo di impeachment contro Trump). Nell’ultimo dibattito tra i democratici prima del caucus in Iowa in programma il 3 febbraio – che apre di fatto la stagione delle primarie –, se escludiamo la politica estera (le tensioni con l’Iran dopo l’uccisione del generale Qassem Suleimani è l’argomento del momento) e lo screzio conclusivo tra Bernie Sanders ed Elizabeth Warren per vecchie ruggini riemerse proprio in questi giorni, il Medicare for All (la creazione di un’assistenza sanitaria di tipo universale) è stato tra i temi più dibattuti, non a caso il cavallo di battaglia dei candidati più radicali, Sanders e Warren appunto.

A ben vedere, dunque, l’economia – che pure avrà il suo peso specifico durante la campagna elettorale (l’amministrazione Trump non mancherà di esaltare qualsiasi indicatore in territorio positivo) – potrebbe stavolta non essere centrale o almeno non in maniera diretta. Altre questioni – sebbene ruotino attorno all’economia – potrebbero diventare i fattori decisivi in vista del voto di novembre. Con i democratici, per larghi tratti più dei repubblicani, costretti a giocare tutte le carte disponibili sul tavolo.

@fabiogermani

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8 Commenti per “Usa 2020. Sarà ancora l’economia il tema decisivo?”

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  7. […] riuscirà) a dare a queste domande. E pensare che soltanto a inizio anno, sempre su queste pagine, ci interrogavamo sull’importanza da attribuire all’economia in vista del voto di novembre. Poi c’è la questione sanitaria vera e propria, ovviamente. Qualcosa che va al di là della […]

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