Imprese e lavoratori in difficoltà, l’altra faccia dell’emergenza
Con il lockdown totale del paese le imprese si trovano a dover far fronte a problemi di liquidità per mancanza di entrate e dover chiedere la cassa integrazione per molti dipendenti, a cui invece si pone l’interrogativo su quando arriverà il pagamento
di Redazione
Proprio ieri, lunedì 30 marzo, il Consiglio nazionale dell’ordine dei consulenti del lavoro denunciava l’impossibilità di assicurare il pagamento delle casse integrazioni – chieste a seguito della chiusura delle attività in questo periodo di emergenza – entro il 15 aprile come garantito dal governo. Secondo l’ordine le attuali procedure previste dalla normativa e i tempi burocratici non permettono tecnicamente di far ricevere ai lavoratori l’ammortizzatore sociale entro la scadenza.
Infatti, in situazioni standard, l’Inps può arrivare a pagare le casse integrazioni dopo qualche tempo dalla richiesta, che in questo caso potrebbe allungarsi per la mole di domande ricevute.
Anche in risposta agli appunti sollevati, e soprattutto al reale problema che rappresentava pagare a mesi di distanza, ieri sera si è giunti una convenzione alla presenza del ministro Catalfo sottoscritta tra le parti sociali e l’Abi. L’intesa prevede che il primo assegno della cassa integrazione sarà erogato entro Pasqua perché il sistema bancario si è reso disponibile ad anticipare il pagamento ai dipendenti in cassa integrazione, eliminando così le procedure burocratiche che rallentavano l’erogazione da parte dell’Inps.
Le varie forme di cassa integrazione – ordinaria, in deroga e Fis – previste dal decreto Cura Italia interessano potenzialmente 10 milioni di lavoratori e gli effetti della chiusura di imprese e attività ha già creato i suoi effetti: secondo Caritas le richieste di aiuto sono aumentate del 30% nei grandi centri urbani a causa dell’emergenza, il dato è però destinato ad aumentare. La Coldiretti stima che il numero di poveri che hanno bisogno di aiuto per mangiare aumenta di mezzo milione per effetto della perdita di opportunità di lavoro, anche occasionale. I nuovi poveri si aggiungono ai quasi 2,7 milioni rilevati lo scorso anno.
Oltre ai lavoratori dipendenti, anche le aziende sono in difficoltà a causa dell’emergenza: è Confesercenti a lanciare l’allarme, secondo cui le imprese italiane sono senza liquidità e il lockdown disposto per contenere l’epidemia ha portato ad una caduta dei ricavi ed una conseguente perdita di circa 18 miliardi di euro. Nello specifico 11,5 miliardi saranno le perdite delle imprese del commercio, del turismo e della ristorazione. Secondo Confesercenti «occorre sostenere le imprese con un’iniezione rilevante di liquidità, per permettere loro di far fronte all’azzeramento dei ricavi e agli obblighi nei confronti di fornitori e dipendenti».