Parrucchieri ed estetisti, quanto costa restare chiusi fino a giugno
Secondo Confartigianato il lockdown prolungato causerebbe perdite economiche fino a 1,1 miliardi. A questo si aggiunge l’aumento di attività irregolari che incrementerebbero il rischio di contagio
di Redazione
Il Dpcm che decreta la fase 2 dell’emergenza coronavirus ha prolungato il lockdown fino al 1 giugno per attività di parrucchieri ed estetisti, inaspettatamente perché molti esercenti si erano già attrezzati per la riapertura a maggio applicando le generali norme di sicurezza per lavoratori e clienti e ulteriori misure anti-contagio.
Confartigianato aveva infatti anche avanzato proposte che seguivano le indicazioni delle autorità sanitarie a cui “non abbiamo ricevuto alcuna risposta”, tra queste oltre l’utilizzo di guanti, mascherine (già in uso di norma) e schermi protettivi in caso di trattamenti molto ravvicinati, l’uso di materiali e indumenti monouso, igienizzazione delle postazioni dopo ogni trattamento e il loro utilizzo alternato, presenza di flaconi igienizzanti e orari flessibili per garantire la minor presenza sia di clienti che di addetti. Le misure seppur costose e che quindi vanno ad intaccare le possibilità di ricavo sarebbero state necessarie e ben accette come condizione per riaprire.
Secondo Confartigianato, infatti, l’effetto combinato dei mancati ricavi a causa della chiusura nei mesi di marzo, aprile e maggio e della concorrenza sleale degli abusivi causerà alle imprese di estetica e acconciatura una perdita economica di 1.078 milioni di euro, pari al 18,1% del loro fatturato annuo, che metterebbe a rischio il posto di lavoro di 49 mila addetti. Inoltre, la chiusura prolungata delle attività avrebbe solo l’effetto di incrementare l’abusivismo in un settore in cui il tasso di irregolarità in questi comparti è stimato al 26,3%, rispetto alla media del 15,5% del lavoro irregolare totale.
Dello stesso parere è anche Cosmetica Italia, associazione nazionale che riunisce le imprese cosmetiche, secondo cui il lockdown prolungato aumenterà “il rischio di favorire la nascita e la diffusione di lavoro nero a domicilio senza controlli né misure di sicurezza, incrementando in modo esponenziale il pericolo di contagio che le misure vorrebbero evitare”. La crisi sociale ed economica che deriva dalla chiusura coinvolgerà quasi 300 mila famiglie poiché, come per altri settori, le perdite non si conteranno solo a carico dei più diretti ed esposti parrucchieri ed estetisti chiusi, ma di tutta la filiera produttiva e dei fornitori. Secondo le previsioni le conseguenze saranno la chiusura definitiva di oltre un terzo delle attività: sono a rischio fino a 50.000 negozi, con la probabile ricaduta occupazionale per oltre 100.000 addetti.
La crisi colpirebbe in modo grave il comparto di parrucchieri e centri estetici che, secondo Unioncamere, è la seconda categoria artigianale in Italia, che genera un volume di affari che supera i 6 miliardi di euro e impiega oltre 263.000 addetti in 130.000 saloni, il 90% dei quali è composto da due unità di persone impiegate.