L’occupazione nella sanità pubblica
Dal 2009 al 2018 i dipendenti a tempo indeterminato del servizio sanitario pubblico sono diminuiti di 44 mila unità. Questa diminuzione è stata parzialmente compensata con l’assunzione di personale con contratti flessibili
di Redazione
La sanità pubblica è stata oggetto di dibattito a causa dell’emergenza coronavirus che stiamo vivendo e al lavoro estenuante e fondamentale che medici, infermieri e tutto il personale sanitario sta svolgendo. Dall’ultimo rapporto dell’Istat sulla sanità pubblica emerge proprio che il settore è stato sottoposto a tagli che hanno ridotto il personale e non hanno consentito un pari ricambio: al 31 dicembre 2018 risultano impiegati 650 mila dipendenti a tempo indeterminato, circa 44 mila in meno rispetto al 2009, anno in cui il numero di occupati ha iniziato progressivamente a diminuire.
Questa diminuzione è stata solo parzialmente compensata dall’assunzione di personale con contratti flessibili, cioè con contratti a tempo determinato o in somministrazione, che al 2018 erano circa 42 mila – che fa arrivare il numero di dipendenti totali del servizio sanitario a 692 mila -, in aumento rispetto ai 38 mila del 2009 e il picco più basso dei 31 mila nel 2013. Per quanto riguarda i diversi comparti, tra i medici – inclusi odontoiatri e veterinari – la diminuzione del personale stabile è stata del 5,4% rispetto al 2009, mentre la contrazione maggiore di personale a tempo indeterminato, -13,5%, ha riguardato i dirigenti non medici a cui un contestuale più ampio ricorso al lavoro flessibile ha compensato solo un quarto delle cessazioni dei contratti stabili.
Il contenimento delle assunzioni ha avuto, insieme all’innalzamento dell’età pensionabile, anche il risultato di vedere aumentata l’età media dei dipendenti della sanità pubblica italiana, fino a 50,7 anni. Nello specifico il 57,6% del totale dei dipendenti nel SSN è ultracinquantenne, circa il 65% degli uomini e 54,5% delle donne, infatti la fascia di età con più dipendenti a seconda del genere è quella 55-59 anni per gli uomini e 50-54 per le donne.
I dirigenti, per ragioni legate alla carriera lavorativa necessaria, sono i più anziani, soprattutto i dirigenti medici uomini, tra cui la media di ultra 55enni si attesta al 60,4%, mentre quasi quattro su 10 superano i 60 anni. Al contrario i dipendenti più giovani sono il personale non dirigente: in quasi un quarto dei casi ha meno di 45 anni, in particolare 23,9% gli uomini e 25,5% le donne.
I non dirigenti sono anche i dipendenti che percepiscono una retribuzione lorda pro capite inferiore rispetto agli altri comparti, 31 mila euro l’anno, contro i 73 mila euro per i dirigenti non medici e i quasi 83 mila euro l’anno per i medici.