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La robotica per ripartire dopo l’emergenza coronavirus

La tecnologia avanzata potrà sostenere la ripresa economica. In questo ambito l’Italia è tra i paesi più virtuosi in Europa

di Redazione

La ripartenza economica dopo l’emergenza coronavirus? Potrebbe passare dalla robotica. Tra il 2010 e il 2019, secondo l’analisi condotta da Unioncamere-Dintec, l’Italia ha puntato sulle KET, le tecnologie che comprendono “sistemi di produzione e servizi, processi, impianti e attrezzature associati, compresi automazione, robotica, sistemi di misurazione, elaborazione delle informazioni cognitive, segnali, elaborazione e controllo della produzione mediante sistemi di informazione e comunicazione ad alta velocità” e che, più semplicemente, la Commissione europea ha definito abilitanti. Tra queste rientra anche la categoria delle dell’advanced manufacturing, ovvero le tecnologie che riguardano il mondo della robotica, nel quale l’Italia ha depositato in un decennio quasi seimila brevetti all’EPO – l’European Patent Office – sui 40 mila brevetti italiani depositati in totale nello stesso periodo di tempo. Questo ha contribuito a mantenere alti i tassi di crescita dei brevetti italiani che nel 2019 sulle invenzioni pubblicate sono stati 4.242, facendo posizionare così l’Italia al quarto posto nella classifica europea dopo Germania, Francia e Paesi Bassi.

Photo by Louis Reed on Unsplash

I dati dell’analisi mostrano come l’Italia sia, a livello europeo, una risorsa importante per il mondo della robotica che è una delle tecnologie emergenti della trasformazione digitale. La categoria advanced manufacturing, che comprende la robotica in senso lato, non fa riferimento a robot umanoidi, ma sono “semplicemente” un complesso articolato di tecnologie avanzate, che possono andare dal braccio meccanico ai software bot.

Secondo uno studio della IFR, International Federation of Robotics, entro la fine del 2020 le installazioni di robot industriali dovrebbero superare la soglia dei tre milioni di unità. L’introduzione della tecnologia robotica avrà necessariamente ripercussioni su una delle maggiori preoccupazioni legate all’innovazione, il mercato del lavoro e l’occupazione umana. Uno studio del MIT, pubblicato a maggio di quest’anno, quantifica il costo del lavoro dell’automazione: negli Stati Uniti ogni robot aggiuntivo nella produzione ha sostituito in media circa 3,3 lavoratori a livello nazionale. Al contrario, secondo la ricerca IFR, non è necessariamente vero che un maggior impiego dei robot crei più disoccupati, da una parte perché introduce la necessità di personale umano sempre più qualificato, mentre dall’altra l’introduzione dell’automazione nei sistemi produttivi potrebbe aiutare la ripartenza economica di molti paesi dopo la crisi coronavirus.

Il settore medicale potrebbe rientrare tra quelli in cui l’aiuto della robotica sarebbe fondamentale. In Italia le competenze ci sarebbero, l’ambito medico è anche uno dei principali comparti in cui si è sviluppata l’innovazione: secondo la ricerca Unioncamere–Dintec nel 2019 sono state avanzate 437 domande di brevetto italiano a livello europeo. E il 2020, con la sfida della pandemia, potrebbe far aumentare i numeri: l’Istituto di Robotica e Macchine Intelligenti (I-Rim) e la Maker Faire Rome si sono mobilitate creando la piattaforma TechForCare che a maggio aveva già raccolto 70 progetti pilota, molti dei quali italiani, per la robotica anti-coronavirus. La pandemia, come è accaduto per lo smart working, ha anticipato alcuni processi attesi altrimenti in futuro e reso attualmente necessario la valutazione di progetti come i robot avatar in corsia manovrati a distanza che, tramite videochiamata, mettono in comunicazione pazienti in isolamento e medici o parenti. O ancora i robot agricoltori utili per la raccolta nei campi e i robot collaborativi, utili per sanificare gli ambienti e per lavorare in sicurezza, garantendo il distanziamento nei luoghi di lavoro.

 

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