Gli italiani e il lavoro dopo l’emergenza sanitaria
Per 7,5 milioni di lavoratori la crisi ha provocato una riduzione del reddito. Aumentano le preoccupazioni (e lo stress) per il futuro
di Redazione
Per 7,5 milioni di lavoratori la crisi sanitaria ha provocato una riduzione del reddito, con un conseguente problema a sostenere le spese quotidiane per oltre la metà delle famiglie italiane. È quanto emerge dalla ricerca Gli italiani e il lavoro dopo la grande emergenza, condotta dalla Fondazione studi consulenti del lavoro, presentata nel corso della prima giornata del Festival del lavoro, mercoledì 28 aprile.
Secondo l’analisi ad oggi, tra cassa integrazione e sospensione delle attività, 1,8 milioni di occupati ancora non stanno lavorando, mentre oltre un milione di lavoratori è convinto che perderà la propria occupazione nell’arco dei prossimi mesi. In generale, sono 2,6 milioni i dipendenti che vedono a forte rischio il proprio futuro lavorativo sull’onda dello sblocco dei licenziamenti. Inoltre, il 32,5% degli occupati ha registrato un calo delle entrate. Nel 16,1% dei casi la diminuzione è stata tra il 10-30%, per il 10,8% superiore al 30%.
E non è tutto. Tale scenario si traduce soprattutto in stanchezza e preoccupazione per il futuro, con stress e fatica percepiti in aumento dai lavoratori nell’ultimo anno. Non a caso, infatti, la maggioranza dei lavoratori afferma di preoccuparsi principalmente di salvaguardare il proprio lavoro (32,4%) e di recuperare una dimensione «più sostenibile» (28,8%).
Chi teme di più per il proprio futuro? I lavoratori a bassa qualificazione percepiscono maggiore il pericolo di stare indietro e “appena” il 53,6% ritiene di avere un profilo che possa essere spendibile sul mercato, o perché innovativo (27,7%) o perché molto specialistico (25,9%). Il 46% degli occupati, tuttavia, considera le proprie competenze inadeguate in quanto troppo generiche (24,1%) o obsolete (22,2%), rendendo più evidente il rischio di esclusione dal mercato del lavoro.