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La fiducia degli italiani nel sistema giudiziario

Secondo un’indagine Eurispes, due cittadini su tre (65,9%) dichiarano di non avere fiducia. Il 23% indica come motivazione principale del malfunzionamento l’eccessiva lentezza dei processi

di Redazione

Il 12 giugno 2022 gli italiani con più di 18 anni saranno chiamati a votare per i cinque quesiti referendari sulla giustizia promossi da Lega e Partito radicale con cui si chiede l’annullamento di alcune norme (servirà infatti il quorum, dunque almeno la metà più uno degli aventi diritto dovrà recarsi nei seggi per rendere valido l’esito del voto), che vanno dall’abrogazione della legge Severino (sull’incandidabilità dei condannati) alla limitazione all’uso di misure cautelari, dalla separazione delle carriere alla valutazione della professionalità e della competenza dei magistrati. per concludere con il no alla raccolta delle firme per candidarsi al Csm. Ma al netto dei quesiti – su cui torneremo più dettagliatamente nei prossimi giorni – quali opinioni gli italiani nutrono nei confronti del nostro sistema di giustizia? A tale proposito prova a rispondere l’indagine dell’Eurispes contenuta all’interno del Rapporto Italia 2022.

Photo by Tingey Injury Law Firm on Unsplash

Due cittadini su tre (65,9%), secondo quanto emerso dall’indagine condotta dall’Eurispes, dichiarano di non avere fiducia nel nostro sistema giudiziario (il 45,3% afferma di nutrire poca fiducia e il 20,6% di non averne affatto), mentre il 34,1% esprime il proprio consenso (il 28,2% si dice abbastanza e solo il 5,9% molto fiducioso). Ad essere maggiormente delusi sono soprattutto i ragazzi, di età compresa tra 18 e 24 anni (73,3%), seguiti dal 72,3% dei 25-34enni. Non hanno fiducia nel modo di fare giustizia in Italia, prosegue l’Eurispes, soprattutto quanti non si sentono rappresentati politicamente (73,4%), seguiti dagli elettori dei 5 Stelle (69,7%) e da chi è schierato a sinistra (66,8%). Il dato cala tra i sostenitori del centro (61,7%), della destra (58,9%), del centrodestra (57,5%) e del centrosinistra (51,6%).

Per quanto riguarda i casi di malagiustizia, il 23% dei cittadini indica come motivazione principale del malfunzionamento l’eccessiva lentezza dei processi, il 19,8% risponde che i cittadini non sono tutti uguali davanti alla legge, il 13,6% sostiene che le cause vadano ricercate nell’assenza di certezza della pena, il 12,1% si appella a cause non ricomprese tra quelle proposte, l’11,9% afferma che le cause siano da ricercare all’interno delle scelte sbagliate operate dai magistrati, l’11,6% che le leggi sono inadeguate. Solo l’8% asserisce che la giustizia in Italia funziona bene. Oltre la metà dei cittadini, il 52,4%, non si è mai trovato nella condizione di difendersi da un reato o da un illecito; il 20,3% ha deciso di sporgere denuncia, mentre la restante parte, il 27,3%, ha preferito non farlo per una serie di ragioni: l’11% confessa che i fastidi di un procedimento legale erano superiori ai vantaggi che avrebbe ottenuto denunciando, il 10,1% dichiara di aver desistito dall’intento per non dover sostenere spese legali e il 6,2% perché sfiduciato nei confronti della giustizia, dalla quale pensava non avrebbe avuto una riparazione a quanto subìto.

Responsabilità dei giudici

L’80,2% dei cittadini intervistati sostiene che i giudici debbano essere giudicati con lo stesso sistema applicato a tutti i cittadini (contro il 19,8% che afferma il contrario), il 78,2% che il primo compito della giustizia è garantire una pena adeguata per chi ha sbagliato (contro il 21,8% di quanti non sono d’accordo o lo sono in minima parte), il 60,5% che il compito principe della giustizia è favorire il recupero ed il reinserimento sociale di coloro che sono stati condannati per gli errori commessi (contro il 39,5% di quanti sostengono l’opposto) e il 57,8% che perora la causa secondo cui l’azione dei giudici sarebbe condizionata dall’appartenenza politica (è poco d’accordo con questa posizione il 31,1% e non lo è affatto l’11,1%). 

Sanzioni e misure alternative alla detenzione

Il 29,5% dei cittadini, riferisce l’Eurispes, afferma di non volere che coloro che si sono macchiati di colpe gravi abbiano l’opportunità di usufruire di misure alternative alla detenzione (arresti domiciliari, affidamento ai servizi sociali, semilibertà, ecc.), il 27,3% è favorevole all’abolizione degli sconti di pena per i reati più gravi (per rito abbreviato, buona condotta), il 24,7% si schiera a favore dell’abolizione dell’ergastolo e soltanto il 15,8% si dice favorevole alla reintroduzione della pena di morte. In parallelo, possiamo leggere i dati come segue: l’84,2% degli italiani non è favorevole al reinserimento della pena capitale nel nostro ordinamento giuridico, il 75,3% non è favorevole all’abolizione della detenzione a vita, il 72,7% non è favorevole alla liberazione anticipata e il 70,5% non è favorevole alla detenzione domiciliare, all’affidamento in prova ai servizi sociali e alla detenzione

domiciliare. Sono contrari all’abolizione della pena dell’ergastolo soprattutto i cittadini di destra (82,7%) e quanti non si sentono politicamente rappresentati (82,9%). A destra, d’altronde, è anche maggiore, rispetto alle altre aree politiche di appartenenza, la percentuale riferibile a quanti sarebbero d’accordo con l’abolizione degli sconti di pena per i reati più gravi (33,9%); così pure si dicono favorevoli all’abolizione dei provvedimenti alternativi alla detenzione per i reati più gravi, facendo registrare il valore più elevato rispetto agli altri orientamenti politici (39,9%). La possibilità di reintrodurre nel nostro ordinamento la pena di morte vede più consensi espressi dai cittadini di centrodestra (20,1%), seguiti dai 5 Stelle (19,7%) e da quelli di destra (19%).

 

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