«L’elevata inflazione rappresenta una grande sfida per tutti»
Tra gli effetti della guerra sull’economia dell’Eurozona, la prima contrazione in due anni della produzione manifatturiera registrata a giugno
di Redazione
A maggio l’inflazione ha ripreso ad aumentare in misura significativa, principalmente a causa dei rincari dei beni energetici e alimentari, anche per effetto dell’impatto della guerra in Ucraina. Ma le pressioni inflazionistiche si sono ampliate e intensificate, con un forte incremento dei prezzi di molti beni e servizi. È quanto scrive la Banca Centrale Europea nel bollettino economico diffuso oggi, giovedì 23 giugno, in cui ricorda che «l’elevata inflazione rappresenta una grande sfida per tutti» e che «il consiglio direttivo assicurerà che essa ritorni all’obiettivo del 2% a medio termine». Nel frattempo, secondo le stime dell’Eurostat, riprese dalla BCE nel resoconto, indicano un tasso di inflazione medio del 6,8% per il 2022, che dovrebbe ripiegare al 3,5% nel 2023 e al 2,1% nel 2024, mostrandosi al di sopra dei livelli previsti a marzo e riavvicinandosi all’obiettivo della banca centrale solo alla fine dell’orizzonte di previsione.
Previsioni superiori ai livelli indicati in precedenza anche per l’inflazione al netto dei beni energetici e dei beni alimentari. In questo caso le ultime stime indicano un +3,3% nel 2022, un +2,8% nel 2023 e un +2,3% nel 2024. Al contrario, la crescita è stata rivista al ribasso, con il PIL del 2022 al 2,8% e quello del 2023 e del 2024 al 2,1%.
«L’ingiustificata aggressione della Russia all’Ucraina – si legge poi nel Bollettino della Banca Centrale – continua a gravare sull’economia in Europa e oltre i suoi confini. Sta determinando interruzioni degli scambi e carenze di materiali, oltre a contribuire alle elevate quotazioni di beni energetici e materie prime. Tali fattori continueranno a pesare sulla fiducia e a frenare la crescita, soprattutto nel breve periodo».
Un esempio degli effetti di questi fattori sull’economia dell’Eurozona è osservabile dall’ultimo S&P Global PMI Flash, che per il mese di giugno segnala la prima contrazione in due anni della produzione manifatturiera. L’indice PMI potrebbe infatti scendere al di sotto della soglia dei 50 punti che delimita una fase di contrazione da una fase di espansione dell’attività, attestandosi a 49.3 punti.
S&P Global, spiega poi che «le aziende hanno anche indicato una riduzione delle previsioni di produzione per il prossimo anno, segnando il valore più basso da ottobre 2020. Sia la stagnazione della domanda che il peggioramento delle prospettive economiche sono state ampiamente attribuite all’aumento del costo della vita, all’irrigidimento delle condizioni finanziarie e ai timori sull’energia e sulla catena di fornitura dovuti alla guerra in Ucraina e agli attuali problemi legati alla pandemia».
Commentando i dati, il Chief Business Economist di IHS Markit, Chris Williamson, ha detto che «gli ultimi dati hanno segnalato un tasso di crescita del PIL appena dello 0,2% alla fine del secondo trimestre, in forte discesa dallo 0.6% riportato alla fine del primo trimestre, ma con il peggio che probabilmente arriverà nella seconda metà dell’anno».