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Il lavoro a rischio a causa del caro-energia

Nello scenario peggiore, secondo la stime del Centro studi Confcommercio, la situazione può costare all’Italia 582 mila posti di lavoro

di Redazione

Nel peggiore degli scenari, oltre alla recessione, il caro-energia potrebbe costare all’Italia la perdita di 582 mila posti di lavoro. È quanto emerge nell’ultima Congiuntura flash del Centro studi di Confindustria, diffusa alcuni giorni fa. Nel dettaglio vengono considerate due ipotesi alternative: la prima che prevede prezzi delle materie prime energetiche sui livelli medi di agosto (235 euro per megawattora) fino alla fine del 2023 e la seconda che prevede livelli medi attesi in base ai futures (298 euro/mwh). «L’impatto per l’economia italiana (rispetto a un baseline in cui il prezzo del gas è tenuto fermo alla media dei primi 6 mesi del 2022: 99 euro) è stimato in una minore crescita del PIL del 2,2% e del 3,2% cumulati nel biennio 2022-2023, nei due scenari, e in 383 mila e 582 mila occupati in meno», spiega quindi il centro studi. 

Confindustria ipotizza poi uno scenario sulla base di un’interruzione totale delle forniture di gas russo verso l’Europa. In questo caso, spiegano da viale dell’Astronomia, nonostante i piani di emergenza previsti sia in Italia che in Europa, «la carenza potrebbe comunque avere un impatto rilevante su parti dell’industria italiana, causando chiusure e calo del valore aggiunto». A livello di Eurozona già la BCE aveva avanzato delle stime, prevedendo che un blocco totale del gas esportato dalla Russia comporterebbe un calo del PIL dello 0,9%.

Per quanto riguarda l’economia italiana, osserva il Centro Studi Confindustria, gli indicatori qualitativi sono peggiorati: in agosto, il PMI è sceso ancor più in territorio negativo (48), segnalando recessione; anche i giudizi sugli ordini Istat sono in flessione, anticipando minor domanda; la fiducia delle imprese ha subito un ulteriore calo, su livelli ridotti. La produzione industriale ha mostrato un recupero a luglio (+0,4%), confermando la resilienza delle imprese italiane, con una dinamica migliore di quella tedesca e francese, ma è comunque attesa in calo nel terzo trimestre (-1,4% acquisito). Nelle costruzioni, proseguono i segnali di decelerazione, dopo la lunga fase di espansione: l’andamento nei cantieri già avviati è visto in forte calo nel terzo trimestre. 

Tuttavia il recupero del turismo in Italia sostiene anche l’industria: la spesa dei viaggiatori stranieri ha ormai azzerato il gap dal pre-Covid: -0,9% a giugno (era -21% in aprile). La maggiore spesa per servizi (+5,3% nel 2° trimestre, ma ancora -4,5% il gap) ha trainato i consumi: soprattutto acquisti fuori casa, grazie alla fine delle restrizioni. In agosto, il PMI servizi è tornato a indicare espansione, ma a ritmo molto ridotto (50,5). Perciò, il rimbalzo dei servizi è stimato proseguire, più lentamente, nel terzo trimestre.

 

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