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La pandemia frena l’economia sommersa

Nel 2020 il valore si riduce a 174,6 miliardi di euro. L’Istat rileva inoltre un calo del lavoro non regolare e una diminuzione dell’economia illegale

di Redazione

Nel 2020 il valore dell’economia non osservata si riduce a 174,6 miliardi di euro. Detta altrimenti e sintetizzando l’analisi dell’Istat contenuta nel report L’economia non osservata nei conti nazionali. Anni 2017-2020, la crisi innescata dalle misure di contenimento della pandemia ha eroso, in larga parte come vedremo a breve, anche il sommerso. La flessione, afferma l’Istat, è stata del 14,1% rispetto all’anno precedente (203,3 miliardi di euro), più accentuata nel confronto con la contrazione del Pil indotta dalla crisi pandemica (-7,6%). L’incidenza dell’economia non osservata sul Pil si è di conseguenza ridotta di 0,8 punti percentuali, portandosi al 10,5% dall’11,3% del 2019. La contrazione è stata generalizzata per tutte le componenti dell’economia non osservata: il valore aggiunto da sotto-dichiarazione è diminuito di 10,7 miliardi di euro rispetto al 2019, quello generato dall’impiego di lavoro irregolare di 14,6 miliardi, mentre le altre componenti hanno registrato un calo di 1,2 miliardi. Per la prima volta dal 2015, anche l’economia illegale ha segnato una contrazione, riducendosi di oltre 2,1 miliardi rispetto all’anno precedente. Con riferimento al 2019, prosegue l’Istat, si osserva una lieve variazione del peso relativo delle diverse componenti: a una riduzione della quota ascrivibile al lavoro irregolare (dal 37,9 al 35,7%) fa fronte un aumento dell’incidenza della sotto-dichiarazione (dal 44,5 al 45,6%), dell’economia illegale (dall’9,5 al 9,9%) e delle altre componenti del sommerso (dall’8,1 all’8,7%).

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A questo punto si rende doveroso un chiarimento, fornito sempre dall’Istat: l’economia non osservata è costituita dalle attività produttive di mercato che, per motivi diversi, sfuggono all’osservazione diretta, la cui misurazione pone particolari problemi. Essa comprende, essenzialmente, l’economia sommersa e quella illegale. Nel 2020, il totale dell’economia sommersa vale 157,4 miliardi, il 9,5% del Pil, in calo di 26,5 miliardi rispetto all’anno precedente. La componente legata alla sotto-dichiarazione vale 79,7 miliardi mentre quella connessa all’impiego di lavoro irregolare è pari a 62,4 miliardi (erano, rispettivamente 90,4 e 77,0 l’anno precedente). Le componenti residuali ammontano a 15,2 miliardi, in calo rispetto ai 16,4 del 2019. Nel complesso, i settori dove è più alto il peso del sommerso economico sono gli Altri servizi delle persone, dove esso costituisce il 34,2% del valore aggiunto del comparto, il Commercio, trasporti, alloggio e ristorazione (22,1%) e le Costruzioni (19,3%). Negli Altri servizi alle imprese (4,8%), nella Produzione di beni d’investimento (3,7%) e nella Produzione di beni intermedi (1,7%) si osserva invece un’incidenza minore.

Le conseguenze economiche della pandemia da Covid-19 hanno causato la più forte contrazione dell’attività produttiva del secondo dopoguerra, con una caduta del valore aggiunto in valori correnti del 6,8% rispetto all’anno precedente. La crisi economica ha colpito il sistema produttivo in maniera asimmetrica in termini settoriali e dimensionali. Secondo l’Istat la crisi incide di più sul sommerso nelle micro-imprese, mentre per quanto riguarda il lavoro, si evidenzia un netto calo di quello non regolare. La pandemia ha avuto effetti considerevoli, infatti, sul ricorso al lavoro irregolare che, per la prima volta dall’inizio della serie (1995), risulta inferiore ai tre milioni di unità. Nel 2020 sono perciò due milioni e 926 mila le unità di lavoro a tempo pieno (ULA) in condizione di non regolarità, occupate in prevalenza come dipendenti (circa due milioni e 153 mila unità). L’occupazione non regolare segna, dunque, un calo del 18,4% rispetto al 2019, registrando una diminuzione pari a quasi il doppio di quella regolare (-9,9%).

Nel 2020, infine, le attività illegali considerate nel sistema dei conti nazionali hanno generato un valore aggiunto pari a 17,4 miliardi di euro, pari all’1,2% del Pil; tale valore include l’indotto, ossia il valore dei beni e servizi legali utilizzati nei processi produttivi illegali. Tra il 2017 e il 2020 le attività illegali hanno fatto registrare un decremento pari a poco più di 1,5 miliardi sia per il valore aggiunto sia per la spesa per consumi finali delle famiglie, con una decrescita media annua del 2,8% e del 2,5% rispettivamente; il periodo considerato è fortemente influenzato dal calo del 2020, pari al 10,5% e 10,8% per i due aggregati. La contrazione dell’economia illegale è determinata per una parte rilevante dal traffico di stupefacenti, il cui valore aggiunto scende a 13,3 miliardi di euro nel 2020 (-1,6 miliardi rispetto al 2019), mentre la spesa per consumi si attesta a 14,8 miliardi di euro (-1,8 miliardi rispetto all’anno precedente). Nel quadriennio precedente, al contrario, per il traffico di stupefacenti si era registrato un incremento medio annuo del 2,1% per il valore aggiunto e del 2,6% per i consumi, riconducibile soprattutto alla dinamica dei prezzi.

 

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