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Lavoro, così i livelli di istruzione e i ritorni occupazionali nel 2021

I laureati italiani hanno meno prospettive occupazionali rispetto al resto agli altri paesi europei. Marcati il gap di genere e i divari territoriali

di Redazione

Divari e ancora divari. Divari rispetto alle medie europee, divari di genere e divari territoriali all’interno del nostro paese. È questo il quadro che emerge dal report Istat sui Livelli di istruzione e ritorni occupazionali relativi al 2021. In Italia, spiega dunque l’Istat, il tasso di occupazione dei laureati 25-64enni è all’82,1%, 4,3 punti più basso di quello medio europeo; il gap sale al 6,8% tra i 30-34enni (81,1%), mentre è di 17,4 punti tra gli under 35 che hanno conseguito la laurea da uno a tre anni prima (67,5%). Ampia la distanza UE27-Italia per la quota di 30-34enni laureati: 41,6% contro 26,8%. Al Nord e al Centro la quota raggiunge il 30%, mentre nel Mezzogiorno si ferma al 20,7%. Inoltre risulta marcato il gap di genere: nonostante i livelli di istruzione tra le donne siano più elevati, i tassi di occupazione femminile sono decisamente più bassi (55,7% contro 75,8% degli uomini). Ancora molto forte l’influenza dell’appartenenza familiare sull’abbandono scolastico e sul raggiungimento di un titolo terziario.

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Il diploma è considerato il livello di formazione indispensabile per una partecipazione al mercato del lavoro che abbia potenziale di crescita. La quota di popolazione tra i 25 e i 64 anni in possesso di almeno un titolo di studio secondario superiore è, quindi, il principale indicatore del livello di istruzione di un paese. Nel 2021, il 62,7% dei 25-64enni ha almeno un titolo di studio secondario superiore in Italia, contro il 79,3% della media UE27, l’84,8% della Germania e l’82,2% della Francia. Nella stessa fascia di età, anche la percentuale di chi ha un titolo di studio terziario (20%) è più bassa della media europea (33,4%) ed è circa la metà di quella registrata in Francia e Spagna (40,7% in entrambi i paesi). Tuttavia risulta in crescita il vantaggio della laurea rispetto al diploma.

Nella popolazione di età compresa tra i 25 e i 64 anni il tasso di occupazione – spiega a tale proposito l’Istituto nazionale di statistica – aumenta tra il 2020 e il 2021 (65,6%, +0,8 punti). Il miglioramento è più accentuato per chi ha un titolo terziario (+1,7 punti contro +0,5 dei livelli di istruzione medio-bassi). Da notare che, nel corso del 2020, l’occupazione dei laureati ha subito l’impatto più contenuto della pandemia; il titolo di studio più elevato ha avuto infatti un ruolo protettivo durante la crisi e ha facilitato la ripresa occupazionale successiva. Nel 2021, cresce ulteriormente il già marcato “premio” occupazionale dell’istruzione (l’aumento della probabilità di essere occupati al crescere del titolo di studio conseguito). Il tasso di occupazione di quanti hanno conseguito un titolo secondario superiore è, infatti, 18,9 punti più alto rispetto a coloro che hanno un titolo secondario inferiore (70,3% contro 51,4%). Inoltre, il tasso di occupazione di chi può vantare un titolo terziario supera di 11,8 punti quello dei diplomati (82,1% e 70,3%). Nonostante ciò, nel nostro paese le opportunità occupazionali sono decisamente più basse di quelle medie europee anche per i laureati: la differenza rispetto alla media dell’UE27 supera i quattro punti.

In Italia, nel 2021, la quota di 30-34enni in possesso di un titolo di studio terziario (obiettivo fondamentale per una “società della conoscenza”, sottolinea l’Istat) è del 26,8%. Il valore italiano resta lontano dal benchmark europeo stabilito dalla Strategia Europa 2020 (40%) e ridefinito per il 2030 dal Quadro strategico per la cooperazione europea nel settore dell’istruzione e della formazione (è 45% il valore benchmark nella classe 25-34 anni). Il gap da colmare, anche rispetto alla media europea (41,6% nell’UE27) e con gli altri grandi paesi dell’Unione (49,5% Francia, 46,7% Spagna e 37,8% Germania) è davvero molto ampio, e negli ultimi anni è rimasto invariato. Questo fenomeno è legato anche alla limitata disponibilità, in Italia, di corsi terziari di ciclo breve professionalizzanti, erogati dagli Istituti Tecnici Superiori che invece in alcuni paesi europei forniscono una quota importante dei titoli terziari conseguiti: in Francia e in Spagna sono quasi un terzo del totale dei titoli terziari (29,7% e 28,1% rispettivamente), oltre un decimo (l’11,8%) nella media dei 22 paesi europei membri OCSE e il 16,1% nella media dei paesi OCSE. 

In Italia, una giovane su tre (33,3%) e solo un giovane su cinque (20,4%) possiede un titolo terziario, ne deriva che il divario con l’Europa è maggiore per gli uomini (le medie UE sono pari al 47% e 36,3% rispettivamente). Il divario diventa ancora più marcato tra i giovani adulti di cittadinanza straniera: la quota di laureati è pari all’11% in Italia e al 36,8% nella media UE. Anche il divario territoriale a sfavore del Mezzogiorno è molto marcato: è laureato un giovane su cinque (20,7%), contro tre giovani su dieci nel Centro e nel Nord (30% e 30,4%). Il background familiare condiziona fortemente la possibilità che un giovane raggiunga un titolo terziario. Nelle famiglie con almeno un genitore laureato, la quota di figli 30-34enni che hanno conseguito un titolo terziario è pari al 70,1%, se almeno un genitore è diplomato cala al 39,3% e scende all’11,4% quando i genitori possiedono al più un titolo secondario inferiore. L’associazione tra contesto familiare e titolo di studio è meno stretta per le giovani donne; la quota delle figlie con titolo terziario nelle famiglie con elevato livello di istruzione è infatti cinque volte superiore a quella registrata nelle famiglie con bassi livelli di istruzione, mentre tra i loro coetanei la differenza sale a circa nove volte.

I laureati italiani hanno meno prospettive occupazionali rispetto al resto agli altri paesi europei. Nel 2021, il tasso di occupazione dei 30-34enni laureati è pari all’81,1% contro un valore medio UE27 dell’87,9%, la differenza è di circa sette punti che si riducono a quattro per i laureati della fascia di età compresa tra i 25 e i 64 anni. Il divario con l’Europa si accentua per i 30-34enni diplomati: il tasso di occupazione è pari a 68,4% in Italia e a 79,8% nella media UE, con una differenza che supera dunque gli 11 punti (circa sei punti nella popolazione diplomata di età 25-64 anni). Il mercato del lavoro italiano sembra assorbire con difficoltà e lentezza il capitale umano, anche quello rappresentato dai giovani adulti in possesso di una qualifica o un diploma secondario superiore.

 

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