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Rapporto Bes 2022, così il quadro del benessere economico

L’Istat registra un ulteriore incremento della quota di famiglie che dichiarano di aver visto peggiorare la propria situazione economica rispetto all’anno precedente

di Redazione

I progressi più diffusi rilevati dall’Istat sono nei domini Sicurezza, Qualità dei servizi e Lavoro e conciliazione dei tempi di vita (oltre il 72% degli indicatori migliora rispetto al 2019). Seguono i domini Politica e istituzioni e Innovazione, ricerca e creatività con due terzi degli indicatori in miglioramento. Tra i domini che presentano un andamento complessivamente più critico negli ultimi tre anni, con la maggior parte degli indicatori in peggioramento, si trovano invece Relazioni sociali, Benessere soggettivo, Istruzione e formazione e Benessere economico. È la fotografia scattata dall’Istat nel Rapporto BES 2022 sul benessere equo e sostenibile in Italia.

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In una situazione intermedia, prosegue l’Istat, si trovano i domini Salute e Ambiente: nel primo il 36% circa degli indicatori è rimasto stabile, una quota analoga di indicatori è migliorata, ma oltre un quarto si trova su livelli peggiori rispetto al 2019; nel secondo la percentuale di indicatori rimasti stabili resta consistente (circa il 31%), ma oltre la metà è in miglioramento rispetto al periodo pre-pandemico. Anche il dominio Paesaggio e patrimonio culturale presenta un mix di andamenti, con quote equivalenti di indicatori che migliorano e che peggiorano (circa il 43%). La maggior parte degli indicatori del Bes disponibili per il confronto con la media dei paesi europei (UE27) mostra una situazione peggiore per l’Italia.

Per quanto riguarda il Benessere economico, dominio appunto in peggioramento, l’Istat spiega nel dettaglio che nel primo trimestre 2022, il reddito disponibile delle famiglie consumatrici è aumentato del 2,2% rispetto al trimestre precedente. Tuttavia, per effetto del generalizzato aumento dei prezzi, il potere d’acquisto delle famiglie è diminuito dello 0,4%. Nello stesso trimestre, la propensione al risparmio delle famiglie consumatrici è stata pari al 10,9%, a fronte di una crescita della spesa per consumi finali (+1,4%) più debole rispetto a quella del reddito disponibile. Nel secondo trimestre, il reddito disponibile delle famiglie consumatrici è aumentato dell’1,6% rispetto al primo trimestre, mentre il potere d’acquisto ha registrato un lieve aumento nonostante l’impatto negativo dell’aumento dei prezzi. I consumi sono cresciuti del 3,6%, portando così ad una flessione di -1,8 punti percentuali la propensione al risparmio (pari al 9,1%). Tuttavia, i valori si attestano ancora su livelli più alti rispetto al periodo pre-pandemico. Nel terzo trimestre, il reddito lordo disponibile delle famiglie consumatrici è aumentato del 2,1% rispetto al trimestre precedente. Nello stesso periodo, il potere d’acquisto si è mantenuto in lieve crescita (+0,2 punti percentuali), nonostante l’aumento del livello dei prezzi. Il forte aumento della spesa per consumi finali registrato – aggiunge l’Istituto nazionale di statistica – ha rafforzato il trend di discesa della propensione al risparmio, che, con il 7,3%, è scesa a livelli inferiori rispetto al periodo pre-Covid. Nel quarto trimestre, la debole crescita del reddito disponibile delle famiglie (+0,8%), affiancata alla crescita dei prezzi al consumo particolarmente forte, ha comportato una significativa diminuzione del potere d’acquisto (-3,7%). La relativa tenuta della spesa per consumi finali (+3% in termini nominali) si è quindi accompagnata ad una marcata flessione del tasso di risparmio.

In generale, dunque, nonostante il quadro in ripresa, il 2022 non è stato un anno facile per le famiglie residenti in Italia. L’Istat registra, infatti, un ulteriore incremento della quota di famiglie che dichiarano di aver visto peggiorare la propria situazione economica rispetto all’anno precedente: dal 30,6% del 2021 si arriva al 35,1% nel 2022, ben 9,3 punti percentuali in più di quanto si registrava prima della pandemia (25,8% nel 2019), con valori dell’indicatore pari a 34,7% nel Centro, 34,3% nel Mezzogiorno e a 35,8% nel Nord. L’aumento rispetto al 2019 si riscontra in tutte e tre le ripartizioni, tuttavia nel Nord l’incremento è più elevato e si attesta soprattutto in questo ultimo anno.

 

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