È chiamato il reddito di libertà ed è un bonus mensile: 500 euro diretti sul conto bancario | Non è richiesto l’ISEE
Reddito di libertà-T-mag.it (Fonte: Pexels)
Il “reddito di libertà” consiste in un contributo fino a 500 euro al mese per sostenere le donne vittime di violenza in condizioni di particolare fragilità economica. Come ricostruito da QuiFinanza, il bonus viene pagato direttamente sul conto corrente, ma può essere richiesto solo fino a esaurimento fondi.
Si tratta di una delle misure sociali più delicate dell’attuale sistema di sostegno pubblico. Introdotto per aiutare le donne che stanno affrontando un percorso di uscita dalla violenza domestica, il reddito di libertà offre un aiuto economico concreto per riconquistare autonomia, affrontare spese urgenti e ripartire senza dipendere dal partner violento. Il contributo, pensato come supporto transitorio ma mirato, viene erogato dalle Regioni ma finanziato dallo Stato, con un fondo che ogni anno viene rifinanziato in misura variabile.
L’accesso non è automatico: serve una precisa documentazione rilasciata dai centri antiviolenza riconosciuti sul territorio. Proprio per questo, molte donne che ne avrebbero diritto rischiano di non presentare domanda per mancanza di informazioni, tempi lunghi o difficoltà burocratiche. Il bonus è infatti destinato solo a chi sta già seguendo un percorso formale di protezione e assistenza.
Chi può richiederlo e quali sono i requisiti necessari
Il reddito di libertà è rivolto alle donne vittime di violenza seguite da un centro antiviolenza pubblico o privato accreditato. Per accedere al contributo è necessario che il centro certifici la condizione di pericolo e l’avvio di un percorso di autonomia. Viene privilegiato chi si trova fuoriuscito da un contesto familiare violento, chi vive in alloggi protetti o chi sta attraversando una situazione economica severa.
Il bonus ha un importo massimo di 500 euro al mese per un periodo fino a dodici mesi. Le somme vengono accreditate direttamente sul conto corrente indicato durante la domanda. Non è richiesto l’ISEE, anche se le Regioni possono stabilire priorità legate alla condizione economica e alla presenza di minori a carico. Ciò che conta, soprattutto, è la certificazione rilasciata dal centro che segue la donna nel suo percorso di protezione.

Come presentare domanda e perché è fondamentale farlo rapidamente
La domanda si presenta presso i servizi sociali del Comune o direttamente alla Regione, seguendo le modalità specifiche stabilite a livello territoriale. Occorrono un documento di identità, il codice fiscale, l’attestazione del centro antiviolenza e l’IBAN su cui accreditare il contributo. L’istruttoria, una volta ricevuta la documentazione, viene gestita dagli uffici regionali che verificano i requisiti e autorizzano i pagamenti.
Il fattore critico è la disponibilità dei fondi: il reddito di libertà viene erogato fino a esaurimento delle risorse annuali. Chi presenta domanda in ritardo rischia concretamente di non rientrare nei finanziamenti. Per questo i centri antiviolenza e gli sportelli comunali invitano le beneficiarie ad attivarsi il prima possibile, soprattutto nei primi mesi dell’anno, quando le disponibilità sono ancora elevate.
Il reddito di libertà non risolve da solo la complessità di una situazione di violenza, ma rappresenta un aiuto concreto e immediato. Per molte donne, quei 500 euro al mese significano la possibilità di pagare un affitto, un asilo, un abbonamento ai trasporti o le prime spese per ricostruire una vita autonoma. È una misura che può fare davvero la differenza, a patto di conoscere i requisiti e muoversi in tempo per accedere ai fondi disponibili.
