L’intelligenza si eredita dalla mamma o dal papà? La scienza ha dato una risposta che forse non ti piacerà
Intelligenza, da chi dipende-T-mag.it (Fonte: Pexels)
Secondo quanto riportato da Sky TG24, numerosi studi internazionali concordano sul fatto che una parte significativa dell’intelligenza dei bambini possa essere ereditata da questo genitore, grazie a determinati geni. Tuttavia, la ricerca moderna chiarisce che l’intelligenza non dipende solo dal DNA, ma anche dall’ambiente, dall’educazione e dagli stimoli ricevuti sin dai primi anni di vita.
L’idea che l’intelligenza si erediti principalmente dalla madre circola da anni e spesso riemerge come verità assoluta. In realtà, come spiegano gli psicologi e i genetisti, la questione è molto più sfumata. Alcuni geni coinvolti nelle funzioni cognitive si trovano effettivamente sul cromosoma X, e questo ha portato a ipotizzare che la trasmissione materna abbia un peso maggiore. Le donne possiedono due cromosomi X, mentre gli uomini solo uno: da questo deriva la maggiore probabilità che un figlio erediti specifiche varianti genetiche legate allo sviluppo cognitivo proprio dalla madre.
Ma attribuire tutta l’intelligenza materna al fattore genetico sarebbe riduttivo e scientificamente scorretto. La genetica è solo una parte della storia: una base, un potenziale. È l’ambiente che definisce quanto di quel potenziale verrà espresso, modellato e trasformato in capacità reali. Gli scienziati sostengono che l’intelligenza sia il risultato di un intreccio complesso tra natura e cultura, una sinergia che si costruisce anno dopo anno.
Il ruolo della madre: cromosoma X, geni “condizionati” e primi stimoli
Le ricerche citate da Sky TG24 spiegano che esistono geni “condizionati”, attivi solo se trasmessi dalla madre. Alcuni di questi partecipano allo sviluppo di aree cerebrali responsabili del ragionamento, della memoria e delle capacità logiche. Questo non significa che il padre non incida, ma che alcuni meccanismi genetici materni possono avere un ruolo più marcato nelle prime fasi dello sviluppo cerebrale.
Accanto alla genetica, il ruolo della madre è determinante anche nei primi anni di vita del bambino, quando si gettano le basi dello sviluppo cognitivo. Le interazioni quotidiane, il linguaggio, il contatto emotivo e gli stimoli offerti nei primi mesi influenzano in modo decisivo le connessioni neurali. Il legame affettivo, il gioco, la lettura e le routine condivise sono veri e propri fertilizzanti per il cervello in crescita, capaci di amplificare o limitare il potenziale genetico ricevuto.

Non solo DNA: ambiente, educazione e opportunità contano quanto i geni
La psicologia dello sviluppo ricorda che l’intelligenza non è un quadro statico, ma un mosaico che cambia nel tempo. Anche se i geni incidono tra il 50% e il 60% sulle capacità cognitive, la restante parte dipende dall’ambiente. Ciò significa che stimoli culturali, qualità dell’istruzione, attività extrascolastiche, relazioni familiari e perfino alimentazione influiscono concretamente sulle capacità intellettive finali.
Un bambino con un patrimonio genetico brillante ma cresciuto in un contesto povero di stimoli rischia di non esprimere mai pienamente il proprio potenziale. Al contrario, un bambino con un’eredità genetica meno favorevole può sviluppare ottime capacità grazie a un ambiente ricco, supportivo e culturalmente attivo. È il perfetto esempio di come la genetica possa fornire il seme, ma siano educazione e contesto a fornire il terreno in cui quel seme germoglia.
Gli esperti sottolineano inoltre l’importanza della scuola e delle relazioni: insegnanti preparati, gruppi sociali stimolanti e opportunità culturali contribuiscono ad allenare costantemente il cervello. La neuroplasticità, cioè la capacità del cervello di modificarsi in base alle esperienze, conferma che l’intelligenza può crescere o ridursi nel tempo a seconda degli stimoli ricevuti.
In definitiva, l’intelligenza non è una moneta genetica da attribuire solo alla madre o al padre. È un percorso, un equilibrio, un incontro tra biologia ed esperienza. La scienza oggi concorda su una verità semplice: l’intelligenza non si eredita soltanto, si coltiva. E ogni gesto quotidiano, ogni parola, ogni gioco condiviso contribuisce a costruirla.
