Baccalà e tortellini in brodo A RISCHIO per il pranzo di Natale | La nuova moda che sta violentando la tradizione italiana
Tortellini in brodo @wikicommons, tmag
Baccalà, tortellini in brodo e cappone rischiano il posto a tavola: sempre più italiani, a Natale 2025, tagliano sul pranzo di famiglia per spendere tutto in viaggi e fughe fuori città.
Per generazioni il pranzo di Natale è stato intoccabile: antipasto infinito, primi in abbondanza, secondi, contorni, dolci a ripetizione. Oggi, però, qualcosa si è incrinato. Le statistiche sul Natale 2025 raccontano di famiglie che spendono meno per cenoni e regali e molto di più per volare via, prenotare un hotel o regalarsi un weekend sulla neve. Il risultato? La tavola resta imbandita, ma spesso con menù ridotti, piatti “alternativi” e porzioni più leggere.
Non è solo questione di portafoglio. C’è chi confessa di rinunciare ai tortellini in brodo “perché è troppo sbatti”, chi sostituisce il baccalà con sushi, poke o piatti etnici “così siamo più leggeri”, chi spezza il rito del pranzo a casa per il brunch in hotel o il tavolo prenotato in agriturismo. La tradizione, insomma, viene rinegoziata: meno cucina in famiglia, più servizi comprati fuori, con il rischio di trasformare il Natale in una festa “in outsourcing”.
Meno cenoni, più valigie: come gli italiani stanno riscrivendo il 25 dicembre
Secondo gli ultimi rapporti sulle spese natalizie, gli italiani taglieranno fino al 20% il budget per pranzi e cenoni, mentre l’unica voce in crescita netta è quella dei viaggi: circa 10 milioni di persone trascorreranno almeno una notte fuori casa tra Natale e Capodanno, con una spesa media di 440 euro a testa, il 31% in più rispetto allo scorso anno. In pratica, ciò che si risparmia su baccalà, cappelletti e dolci lievitati finisce in biglietti aerei, treni e alberghi.
Questo spostamento di budget ha un effetto immediato sulla tavola. Molte famiglie scelgono menù “accorciati”: un solo primo al posto di due, un secondo unico per tutti, dolci comprati al supermercato invece che dal pasticcere di fiducia. Altre puntano su formule miste: pranzo veloce il 25 e partenza nel pomeriggio, o addirittura Natale festeggiato direttamente in ristorante, con menù fisso e zero pentole da lavare. Il sapore resta natalizio, ma il rituale cambia radicalmente.

Tradizione “violentata” o evoluzione naturale? Il rischio di perdere i piatti simbolo
È qui che nasce la domanda scomoda: davvero vogliamo un Natale in cui il baccalà viene archiviato come piatto “da vecchi” e i tortellini in brodo sopravvivono solo nelle foto dei ricettari? La nuova moda dell’“esperienza che conta più del piatto” rischia di svuotare di senso proprio quei momenti che tenevano insieme famiglie, generazioni e territori. Perché un conto è alleggerire il menù, un altro è sostituire completamente i piatti simbolo con l’ennesimo all you can eat fuori porta.
Allo stesso tempo, è vero che le famiglie hanno meno tempo, meno soldi e, spesso, meno persone disposte a passare due giorni ai fornelli. La tradizione non può restare identica per sempre, ma può essere salvata e adattata: preparare meno portate ma farle bene, condividere il lavoro in cucina, tenere almeno un piatto “sacro” per non spezzare il filo con il passato. Il rischio, altrimenti, è chiaro: tra un volo low cost e un brunch d’hotel, potremmo ritrovarci con un Natale sempre più scintillante su Instagram, ma sempre più povero di quei tortellini in brodo che, nel bene e nel male, hanno fatto la storia delle nostre tavole.
