Inserire questo piatto nel cenone di Natale è proprio da cafoni: il Galateo non lo prevede assolutamente | Adeguati o ti farai parlare dietro

Inserire questo piatto nel cenone di Natale è proprio da cafoni: il Galateo non lo prevede assolutamente | Adeguati o ti farai parlare dietro

Pranzo di Natale (pexels), tmag

Nel cenone c’è un “errore” che stona più di tutto: portare in tavola le alette di pollo fritte, un invito al caos.

Il cenone di Natale è quel momento in cui anche chi non ci pensa mai, finisce per badare alle forme. Non per snobismo, ma perché la tavola natalizia è un rito: ci si veste un po’ meglio, si apparecchia con più cura, si cerca un’armonia che faccia sentire tutti a proprio agio. Proprio per questo, ci sono piatti che in un’altra serata funzionerebbero benissimo, ma che qui suonano fuori registro. E tra questi, il più “pericoloso” è uno che sembra innocente e goloso: le alette di pollo fritte.

Il motivo è semplice: il Galateo non ama ciò che costringe l’ospite a “sporcarsi” per mangiare, né ciò che rende la tavola un campo di battaglia. Le alette sono buonissime, sì, ma portano con sé grasso, ossa, intingoli, dita unte e quell’inevitabile balletto di fazzoletti e salviette che rompe l’eleganza del cenone di Natale. Non è una questione di gusto, è una questione di tono: l’effetto, agli occhi di chi ci tiene, è quello di una scelta “da fast food” infilata nel momento più solenne dell’anno.

Il problema non è il pollo: è come ti obbliga a mangiarlo

Il punto che fa storcere il naso è quasi sempre lo stesso: mangiare con le mani. In un contesto formale o semi-formale, il Galateo spinge verso piatti che si gestiscono con posate, con gesti puliti e prevedibili. Le alette, invece, chiedono di afferrare, girare, mordere, staccare, e spesso finiscono per lasciare tracce su bicchieri, tovaglioli, posate e persino sui bordi dei piatti. È una dinamica che mette in difficoltà anche chi è disinvolto, figurarsi chi è più timido o teme di fare brutta figura.

E poi c’è l’aspetto “sociale” che pesa più di quanto sembri: in una tavolata natalizia, basta una macchia di unto sulla tovaglia macchiata, una salsa che schizza, un commensale che si alza a lavarsi le mani più volte, e l’attenzione scivola dal piacere dello stare insieme al fastidio dei dettagli. Quel piatto, insomma, sposta l’energia della serata dalla convivialità alla gestione del disordine, ed è lì che nasce il commento cattivo: “ma chi le porta a Natale?”

Natale-T-mag.it (Fonte:Pexels)

Vuoi lo stesso effetto “goloso”? C’è un modo elegante di farlo senza far parlare dietro

Adeguarsi non significa rinunciare al sapore, significa cambiare forma. Se l’idea è portare qualcosa di sfizioso, la soluzione più furba è restare sul pollo ma presentarlo in modo “da cenone”: carne disossata, bocconi ordinati, porzioni pulite, salse servite con misura. L’obiettivo è permettere a chi mangia di restare comodo, senza dover scegliere tra godersi la cena e controllare continuamente le mani.

Il trucco sta anche nel rispetto degli altri: a Natale siedono allo stesso tavolo persone di età e abitudini diverse, e un piatto che richiede dita unte e ossa da scartare mette tutti nella stessa situazione scomoda. Se vuoi un piatto che faccia scena senza inciampi, scegli qualcosa che si serva e si consumi con facilità, lasciando le alette di pollo fritte alla serata giusta: quella informale, rumorosa e senza tovaglie “importanti”, dove il disordine è parte del divertimento.