COSA NON DICONO I NUCLEARISTI
e Salvatore Monni
Più che il nucleare serve efficienza energetica. La partita sul nucleare in Italia si gioca su alcune ambiguità e in particolare su aspetti che risultano essere assenti dal dibattito. La mossa probabilmente più astuta da parte dei sostenitori del nucleare è quella di ridurre il dibattito al confronto tra il nucleare, tecnologia avveniristica per antonomasia e gli ambientalisti, vecchi nostalgici di un mondo che non c’è più, desiderosi di tornare in un’epoca arcaica, fatta di candele e carrozze trainate da cavalli. In realtà, come spesso accade, le cose sono più complesse di quello che sembrerebbero apparire. La soluzione ai problemi energetici non è ovviamente mettere un pannello fotovoltaico ma un insieme di misure
che riducano la dipendenza da fonti fossili incrementando l’efficienza. Perché né il nucleare né le rinnovabili possono essere la soluzione se non si intacca la quantità di consumi legata all’inefficienza e allo spreco di energia: usiamo una quantità consistente di energia per illuminare, riscaldare, muovere, senza intervenire minimamente su sistemi di riduzione e di efficienza. Le città e gli edifici continuano a essere costruiti come cinquanta anni fa, con scarsissimi investimenti sull’efficienza, sul riscaldamento e raffrescamento passivi, sulle reti di comunicazione come se nulla fosse accaduto, come se l’energia fosse sempre disponibile in quantità crescente. No, purtroppo (o per fortuna) non è più così. Dopo il recente disastro nucleare in Giappone è stato varato un piano di efficienza energetica che ha dimostrato quanto l’energia fosse sprecata e utilizzata in modo bizzarro: piste da sci indoor, marciapiedi refrigerati e altro ancora. Il nucleare a detta dei suoi sostenitori ha l’obiettivo prioritario di soddisfare bisogni energetici sempre in aumento, producendo elettricità a basso costo. Peccato che sia assente alcun riferimento al ciclo di vita degli impianti nucleari, che, una volta costruiti e messi in esercizio, devono essere smantellati e bonificati. Un costo quest’ultimo che si riflette sulle generazioni future, con l’assunzione di un peso economico, in termini di debito e di danno ambientale che ben difficilmente può essere giustificato con il costo attuale in bolletta. Se il dibattito attualmente in corso rinunciasse a questa sorta di immaginifica crociata concentrando la propria attenzione esclusivamente sulle scelte strategiche della nostra politica energetica forse tutti ne avrebbero vantaggio, senza dover far ricorso soltanto alle emozioni e alle paure.