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L’ultimo faccia a faccia

di Fabio Germani

Stanotte si terrà il terzo e ultimo dibattito televisivo tra i candidati alla Casa Bianca, Barack Obama e Mitt Romney, a Boca Raton, in Florida. Il format sarà simile a quello del 3 ottobre a Denver. Quindi Obama e Romney occuperanno le loro postazioni allestiste sul palco (non il confronto aperto con tanto di “invasione di campo”, à la town hall, che si è tenuto alla Hofstra University la scorsa settimana). A “dirigere la gara” sarà Bob Schieffer di Cbs News.
Finora i dibattiti hanno rilevato un sostanziale pareggio (Romney molto bene nella prima uscita, Obama in ripresa nella seconda). Tuttavia l’ex governatore del Massachusetts è stato capace di recuperare posizioni preziose rispetto ai mesi precedenti quando il presidente lo distaccava di circa dieci punti ed è balzato, secondo diverse stime, al di sopra dei pronostici. Ora è lui a condurre la partita, anche se non è la politica estera – tema di questa notte –, forse, il suo piatto forte. Nel recente tour internazionale che lo ha visto impegnato in Europa e Medio Oriente, Romney è stato in grado di fare arrabbiare, per così dire, il premier britannico David Cameron e il sindaco di Londra, Boris Johnson, a proposito dell’organizzazione dei Giochi olimpici. E successivamente, come se non fosse già abbastanza, ha ricevuto critiche per alcune affermazioni ritenute offensive dalla comunità islamica durante il suo viaggio in Israele (tra le altre cose definì Gerusalemme la capitale d’Israele). Romney in politica estera è spesso incappato in qualche gaffe, si sa, ma in questi giorni avrà senza dubbio studiato una strategia che possa mettere in difficoltà Obama. I temi più caldi, è presumibile, verteranno su Libia (ma qui il presidente si è già difeso a sufficienza), Afghanistan (quando ritirarsi dal Paese, con quali modalità e scadenze tra i rischi che i talebani possano riprendere il potere), Iran (la questione nucleare e l’avversità nei confronti di Israele il cui scontro è stato paventato più volte è faccenda risaputa), Cina (i metodi poco ortodossi di Pechino sono stati affrontati troppo timidamente dall’attuale amministrazione, secondo il candidato repubblicano), ruolo che gli Stati Uniti dovranno ricoprire nei prossimi anni al cospetto della comunità internazionale.
Obama, prima del dibattito, si è ritirato a Camp David per prepararsi al duello televisivo insieme ai suoi strateghi David Axelrod e David Plouffe. Non che la politica estera non conti, ma è probabile che a differenza di altre occasioni il terzo confronto tra i due candidati possa non ancora decretare chi sarà verosimilmente il futuro inquilino della Casa Bianca. Ciò che preme principalmente l’elettorato è la politica interna (lavoro, potere d’acquisto, crisi economica) e appare improbabile che gli indecisi possano virare su l’uno o sull’altro a seconda della migliore proposta in campo internazionale dei contendenti alla corsa presidenziale. Potrebbe, cioè, non essere una sfida decisiva, quella che si terrà in Florida lunedì notte. Circostanza che, qualora gli eventi dovessero confermare le impressioni della vigilia, complicherà ulteriormente le ultime due settimane di campagna elettorale.

 

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