Il femminicidio in Italia nell’ultimo decennio
“E’ un problema che va combattuto soprattutto sul piano culturale dando alle donne la possibilità di reagire e di ribellarsi, di avere l’indipendenza per farlo”. Queste sono parole del ministro della Giustizia, Anna Maria Cancellieri, che ha così offerto una possibile soluzione a una questione che meriterebbe un’attenzione costante da parte di tutti: il femminicidio. Serve prevenzione ed è inutile incrementare le pene per chi viene riconosciuto colpevole, suggerisce ancora il guardasigilli.
Può forse essere una soluzione quella del ministro? Forse. Fatto sta che in Italia il femminicidio (ovvero “ogni pratica sociale violenta fisicamente o psicologicamente, che attenta all’integrità, allo sviluppo psicofisico, alla salute, alla libertà o alla vita delle donne, col fine di annientare l’identità attraverso l’assoggettamento fisico e/o psicologico”) è un fenomeno ancora da debellare.
Ma se il femminicidio è una piaga sociale, ancor più grave è il femicidio (ovvero “tutte le uccisioni di donne avvenute per motivi di genere, quindi a prescindere dallo stato o meno di mogli”).
Tra il 2002 e il 2012, sono state uccise 2200 donne, in media 171 l’anno. Ad esempio nel primo semestre del 2013 sono state 81, di cui il 75% nel contesto familiare o affettivo. Un dato, purtroppo, in linea con quanto registrato nel periodo compreso tra il 2000 e il 2011, quando le donne uccise sono state (secondo il rapporto Il femminicidio in Italia nell’ultimo decennio. Dimensioni, caratteristiche e profili di rischio condotto dall’Eures in collaborazione con l’Ansa) 2.061, di cui il 70,8% (ovvero 1.459 casi) è avvenuto per l’appunto all’interno di un ambiente familiare o delle relazioni affettive. A livello territoriale, sostiene chi ha condotto la ricerca, il maggior numero di casi si registra nelle regioni del Nord Italia (Lombardia in testa con 251 omicidi), dove si conta la metà dei casi: 728, ad essere precisi. Ma se nel Settentrione sono stati rilevati il 49,9% dei casi, al Sud – sempre in termini percentuali – se ne sono contati il 30,7% e al Centro il 19,4%.
La Lombardia è dunque la regione “più a rischio”. Ma se teniamo conto dell’incidenza sulla popolazione femminile il discorso cambia. Perché è il Molise la regione dove si contano il maggior numero dei casi: 8,1 femmicidi all’anno per milioni di residenti (16 omicidi). Seguono la Liguria (6,1), L’Emilia Romagna (4,9), l’Umbria (4,8), il Piemonte (4,5) e la Lombardia (4,3). La metà delle vittime, sostengono l’Eures e l’Ansa, è di età compresa tra i 25 anni e i 54 (1.027 casi, pari al 49,8% del totale).
Nella fascia di età compresa tra i 35 e i 44 anni le vittime sono 388, pari al 18,8% del totale, mentre leggermente inferiore è il dato relativo all’incidenza delle vittime di 25-34 anni (351 vittime, pari al 17%) e di 45-54 anni (288, pari al 14%).