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Il terrorismo che insanguina Volgograd

di Alessandro Orsini

vladimir_putinIl terrorismo che insanguina le strade di Volgograd è stato creato, teorizzato e sviluppato da Shamil Basaev, la cui figura occupa un ruolo centrale nella storia del terrorismo.
Basaev ha una storia terribile alle sue spalle per la violenza che ha subito e per quella che ha sprigionato. Il 3 giugno 1995, un aereo russo sganciò due bombe sulla sua abitazione, sterminando la sua famiglia. Pochi giorni dopo, Basaev sequestrò l’ospedale di Budyonnovsk in cui si trovavano 1600 civili russi, minacciando di ucciderli se la Russia non avesse ritirato le sue truppe dalla Cecenia. Eltsin ordinò per due volte l’assalto, ma alla fine fu costretto a trattare. In cambio della fine del sequestro, Basaev ottenne la sospensione dei bombardamenti contro i guerriglieri ceceni che, in difficoltà, poterono riorganizzarsi. Divenne un eroe nazionale per la sua gente e si convinse che il terrorismo potesse dare risultati straordinari.
Terminata la prima guerra russo-cecena (1994-1996), Basaev non riusciva a concepire la sua vita senza combattere per il suo ideale.
In tempo di pace scrisse un libro di guerra, in cui condensò i principi spirituali che ispiravano la sua azione, basati sulla sottomissione assoluta al Corano (Libro di un Mujahiddeen). Il suo impeto era inarrestabile. Fondò la Brigata Islamica Internazionale (1998), stabilì rapporti con al Qaeda, invase il Dagestan (agosto 1999), realizzò cinque attentati terroristici, di cui quattro a Mosca, e ottenne la reazione russa, che scatenò la seconda guerra russo-cecena. In questo periodo, firmò una delle pagine più importanti della storia del terrorismo con la creazione, nel 2000, di un commando di donne suicide note come le “vedove nere” (Shahidka). La terrorista che si è fatta saltare in aria nella stazione dei treni di Volgograd, il 29 dicembre 2013 (18 morti) appartiene, molto probabilmente, a questo gruppo scelto di donne terroriste. Forte del successo di Budyonnovsk, Basaev credette di potersi ripetere, ma davanti a sé aveva non più Eltsin, ma Putin, il quale aveva abbracciato un principio ferreo: i terroristi si schiacciano.
Nell’ottobre 2002 Basaev organizzò il sequestro del teatro di Mosca chiedendo il ritiro dell’esercito russo dalla Cecenia in soli sette giorni. Piuttosto che trattare, Putin preferì sacrificare la vita di 130 civili e fece uccidere tutti i terroristi. Vinse su Basaev, il quale preparò una seconda mossa che ebbe conseguenze gigantesche in termini di vite umane innocenti: il sequestro della scuola di Beslan nel settembre 2004. Putin non fece un solo passo indietro: prima l’assedio, poi l’attacco. Il fuoco da entrambe le parti causò la morte di 186 bambini. Quando la scuola fu riconquistata, 334 persone giacevano al suolo senza vita.
Basaev è morto nel 2006 in circostanze mai chiarite. Oggi la sua eredità è raccolta da Dokka Umarov, l’uomo che sarebbe responsabile degli attentati di Volgograd e che aveva già rivendicato, tra gli altri, due grandi attentati terrorstici: la strage alla metropolitana di Mosca, avvenuta il 29 marzo 2010 a opera di due donne suicide (40 morti), e la strage all’aereoporto di Mosca “Domododevo”, avvenuta il 24 gennaio 2011 (37 morti).
Nonostante la loro importanza, i jihadisti sono una minoranza e non bisogna commettere l’errore di credere che tutti i ceceni siano favorevoli all’uso del terrore contro i civili russi. Al contrario, molti di loro temono che gli eredi di Basaev possano realizzare il loro sogno di instaurare una teocrazia islamica nel nord del Caucaso, unificando il Dagestan e la Cecenia. Conoscono la Sharia, i militanti di al Qaeda e l’ossessione per la purezza da cui sono animati. Ciò è stato ben evidenziato dalle più autorevoli riviste accademiche specializzate in studi sul terrorismo. D’altronde, le conseguenze della sacralizzazione della società sono ben note agli studiosi. Tra queste, la distruzione della libertà individuale, la sottomissione della donna all’uomo, la chiusura intollerante nei confronti di tutte le idee, i gusti, le mode estranee alla religione dominante e un controllo soffocante sulla vita privata dei cittadini/sudditi. I tribunali religiosi impongono a tutti un solo modo di pregare, di pensare e di vestire. È scritto nel libro di Basaev che il mujahid è un uomo che lotta sempre per raggiungere la perfezione spirituale. Ma la ricerca di questa perfezione spirituale non è una libera scelta dell’individuo. È un comandamento religioso e, pertanto, un obbligo morale per tutti.
Quando infuria un conflitto violentissimo, come quello che ha dilaniato la Cecenia per anni, la crudezza delle immagini televisive che invadono le nostre case, la spietatezza dei belligeranti e il loro totale disprezzo per la vita umana, creano una grande confusione nella mente dello spettatore comune. Agli studiosi spetta il compito di chiarire che il sangue di Volgograd ha a che vedere con un conflitto che non è soltanto militare. In gioco vi sono questioni molto complesse che investono il modo di concepire la cultura, la religione, l’organizzazione dello Stato e della vita in società.

Alessandro Orsini è Direttore del Centro per lo Studio del Terrorismo dell’Università di “Tor Vergata”. Il suo sito è www.alessandroorsini.com

 

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