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Eurozona: la crescita attesa per il 2017

Le stime prevedono un aumento nonostante i diversi fattori di rischio (interni ed esterni) ancora presenti
di Redazione

Il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, ha sostenuto pochi giorni fa che l’Eurozona ha superato la crisi economica. I dati relativi al PIL del 2016 e alla crescita economica attesa per il 2017 sembrano confermarlo, anche se alcuni fattori – un’inflazione che stenta a crescere al ritmo inseguito dalla BCE e diverse incertezze a livello globale – continuano a rappresentare delle preoccupazioni.

Nel Rapporto Annuale 2017, l’ISTAT sottolinea che la crescita dell’Eurozona registrata nel 2016 – lo scorso anno il PIL è aumentato dell’1,7% (dal 2% del 2015) – è stata trainata dai consumi privati (il contributo offerto è stato di un punto percentuale), che hanno beneficiato del miglioramento del mercato del lavoro (gli occupati sono aumentati dell’1,3%) e di una crescita “sostenuta” dei redditi in termini reali.
Gli investimenti privati (+2,5%) hanno inciso meno sulla crescita del PIL mentre la domanda estera netta ha contribuito negativamente (la crescita dei consumi interni ha spinto le importazioni, cresciute in modo più sostenuto rispetto all’export).
Anche il 2017 dovrebbe essere un anno positivo, sul fronte della crescita: nelle previsioni primaverili, diffuse nei giorni scorsi, la Commissione europea stima che il PIL dell’Eurozona dovrebbe aumentare dell’1,7% e dunque ad un ritmo leggermente superiore rispetto a quanto previsto in inverno (la stima iniziale prevedeva una crescita dell’1,6%). Nel primo trimestre, il PIL è aumentato dello 0,5% su base mensile e dell’1,7% su quella annua.
I fattori di rischio non sono svaniti del tutto, in realtà. Anche se la Commissione europea è meno pessimista al riguardo: Bruxelles sostiene che i rischi legati alle incertezze globali sono “più equilibrati” rispetto a qualche mese fa.
Tra i fattori, che potrebbero mettere a rischio la crescita economica attesa, la Commissione include “l’evoluzione che potrebbe esserci nella politica americana” sulla sua “politica economica e commerciale”, le tensioni geopolitiche, “il programma di aggiustamento economico della Cina”, “la salute del settore bancario in Europa” e “i negoziati per la Brexit”, a tutto ciò si aggiunge un’inflazione che aumenta ad un ritmo definito da Draghi “non convincente”.
Nella media del 2016 i prezzi al consumo sono rimasti stazionari (+0,2%), nonostante nella parte finale dell’anno l’inflazione sia tornata a salire, grazie agli incrementi di prezzo dei beni alimentari freschi e di quelli energetici.
Quello rilevato lo scorso anno, però, è un tasso di crescita ancora lontano dal target inseguito dalla BCE – un’inflazione vicina al 2% –, che per questo motivo ha deciso di mantenere una politica monetaria accomodante, proseguendo con il quantitative easing e lasciando invariati i tassi di interesse.

 

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