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Imprese: torna a correre il manifatturiero

Fatturato in crescita e imprese più solide e meno vulnerabili, anche se le difficoltà restano specialmente sul fronte occupazionale e in alcuni comparti
di Redazione

Nessun settore è stato risparmiato dalla crisi economica. Recentemente, però, alcuni hanno realizzato performance migliori di altri, tanto da recuperare quanto perso negli anni (economicamente) più difficili. Ciò vale in particolare per la manifattura.

L’ultimo rapporto dell’ufficio studi di Mediobanca – l’analisi ha passato in rassegna le imprese manifatturiere con oltre 20 addetti che rappresentano il 50% del fatturato manifatturiero italiano – sottolinea che nel 2016 il fatturato delle realtà manifatturiere è cresciuto (+1,9%) per il terzo anno consecutivo (all’industria e ai servizi non è andata altrettanto bene, considerando che il loro fatturato è risultato in calo per la quarta volta dal 2013).
Attualmente il comparto manifatturiero ha recuperato e superato le vendite del 2008 (+0,8%). Si tratta di una media, però: alcuni settori manifatturieri – è il caso di stampa ed editoria, dei prodotti per l’edilizia, l’impiantistico, gli elettrodomestici e il metallurgico – rimangono ancora molto lontani dai livelli precedenti la crisi economica, mentre per altri la recessione è definitivamente alle spalle (conserviero, bevande, automotive-mezzi di trasporto e dolciario).
Recessione che ha influito parecchio e negativamente sul settore: nell’ultimo rapporto sulla situazione sociale del Paese, il CENSIS sottolinea che nel 2014 il manifatturiero valeva il 15,6%, in calo rispetto al 17,6% del 2008 (tra il 2008 e il 2013 si è ridotto del 13,5%, cioè di 30,4 miliardi di euro, nel frattempo l’economia italiana registrava complessivamente una contrazione del 7%).
Tutto ciò si è tradotto in una perdita di imprese e occupazione: tra il 2009 e il primo semestre del 2016 la manifattura ha infatti perso 54.992 imprese, pari al 9,2% del totale, a fronte del -2,5% relativo all’intera economia italiana (alcuni studi osservano che ad uscire dal mercato sono state le imprese più piccole e quindi meno attrezzate per affrontare la concorrenza delle aziende di dimensioni più grandi).
Questo non ha impedito al manifatturiero italiano di restare tra i primi al mondo: nel Rapporto I nuovi volti della globalizzazione, alla radice delle diverse performance delle imprese, il Centro studi di Confindustria (CsC) sottolinea che l’industria manifatturiera italiana “riesce a difendere la seconda posizione in Europa e la settima nel mondo, con una quota del 2,3%, seppure quasi dimezzata rispetto al 2007”. In Europa, l’Italia è seconda solo alla Germania (6,1%).
Nonostante alcuni buoni risultati, le difficoltà restano. Specialmente sul fronte occupazionale: il rapporto dell’Ufficio studi di Mediobanca sottolinea che la creazione di nuovi posti di lavoro dal 2008 in poi è limitata a pochi casi: gli accessori in pelle e cuoio (+18,7%), il vetrario (+6,3%), il conserviero (+6,2%), il dolciario (+5,2%), le altre società alimentari (+2,8%) e l’abbigliamento (+1,8%).
L’edilizia (-29,1%), la produzione di elettrodomestici (-27,1%), la stampa ed editoria (-25,7%) e il tessile (-20,3%) sono i comparti che hanno registrato il maggior numero di posti di lavoro andati persi.

 

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