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Donne migliori in tutto, eppure ancora indietro

Politica, posizioni apicali e mercato del lavoro: i divari con gli uomini restano ampi. Le analisi che T-Mag non propone solo l'8 marzo, ma che l'8 marzo incentiva a fare
di Redazione

Osservate bene l’infografica dell’Istat, qui sotto. Le donne primeggiano in tutto, dai titoli di studi (sia laurea sia dottorato di ricerca). Abbandonano gli studi prematuramente meno degli uomini, sono più presenti online e dedicano più tempo alla cultura. Eppure, a parità di condizioni, sono proprio le donne le più svantaggiate. Poche, infatti, quelle che sono al vertice: il 16,4% in organi decisionali, il 33,6% in Consigli di amministrazione delle società quotate in Borsa. Una rappresentanza che in Parlamento si attesta appena al 30,4%, un gap che neppure il Rosatellum – la legge elettorale con cui siamo andati a votare il 4 marzo –, pur introducendo una norma sull’equilibrio di genere, è riuscito a colmare (le donne in Parlamento sono meno di un terzo degli eletti).

[fonte: Istat]

T-Mag si occupa frequentemente del tema, certo è che l’occasione dell’8 marzo incentiva ulteriori riflessioni e analisi. È una cosa che ripetiamo spesso: il problema delle donne più svantaggiate rispetto ai colleghi uomini – in politica o nel lavoro – non riguarda solo l’Italia, ma è da noi che i divari si fanno sentire di più. Ma il problema più grave continua ad essere l’impatto della componente femminile sul mercato del lavoro. Prendiamo gli ultimi dati Istat, in teoria positivi per le donne. «A gennaio 2018 – riferiva l’Istituto nazionale di statistica – l’aumento dell’occupazione è determinato dalla componente femminile (+0,4%) a fronte di un calo per quella maschile (-0,1%). Il tasso di occupazione dei 15-64enni scende al 67% per gli uomini (-0,1 punti percentuali) mentre sale al 49,3% per le donne (+0,2 punti)». In pratica il recupero è in generale tanto esiguo da mantenere un distacco tra le due componenti di oltre 17 punti percentuali. E, allargando l’orizzonte, considerato che nell’ultimo anno l’incremento di occupazione è stato determinato prevalentemente dalla crescita dei dipendenti a termine è facile supporre che per le donne occupate nel periodo di riferimento si tratti soprattutto di lavori non stabili. Un trend in verità osservato già negli anni della crisi a causa delle perdite registrate in alcuni, specifici, settori di attività economica.

Di recente abbiamo affrontato l’argomento con Emmanuele Pavolini, professore in Sociologia dei processi economici e del lavoro all’Università degli Studi di Macerata, un passaggio importante dell’intervista:

Le donne sono spesso svantaggiate nel mercato del lavoro. C’è stato un recupero dei livelli occupazionali negli ultimi anni, ma il divario con la componente maschile resta ampio. Come se ne esce?
Analizzando la partecipazione delle donne al mercato del lavoro per livello di istruzione si scopre che tra le laureate non c’è molta differenza tra l’Italia e i paesi del centro-nord Europa, in altre parole le laureate si comportano nella stessa maniera, in gran parte stanno sul mercato del lavoro. Le differenze si fanno sentire di più tra le diplomate, mentre diventa una voragine il gap che si osserva tra le donne a bassa istruzione. Servono politiche differenziate perché il dilemma, tra le donne laureate, non è “lavoro o non lavoro”, bensì “faccio figli o non faccio figli”. Quindi il mancato supporto alle donne laureate non lo si vede tanto in termini di partecipazione quanto in termini di tasso di natalità, brutalizzando un po’ la questione. Per le donne a bassa istruzione, invece, avviene il contrario: spesso entrano giovani nel mercato del lavoro e ne escono alla nascita del primo figlio, figuriamoci del secondo. La situazione può essere migliorata soltanto se si cominciano a fare politiche di conciliazione in maniera molto più robusta delle attuali. Siamo il fanalino di coda tra i principali paesi europei per spesa ed interventi per politiche di conciliazione, che significa asili nido e servizi a costi accessibili. Inoltre abbiamo il doppio mix di pochi posti disponibili nei nidi e un carico non indifferente sulle famiglie. Non possiamo immaginare altri tipi di soluzione.

 

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