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La crescita lenta dell’Italia, negli ultimi vent’anni

Una conferma che emerge dal rapporto di Confcommercio “L’euro compie vent’anni” presentato al forum di Cernobbio. Tagliate le stime per il 2019:da +1% a +0,3%

di Redazione

Niente di nuovo, verrebbe da dire. Semmai l’ennesima conferma. Negli ultimi vent’anni la crescita nell’UE e nell’Unione economica e monetaria (UEM) «ha subito un costante e progressivo rallentamento, senza variazioni significative dei divari tra tassi medi di incremento del Pil relativi ai singoli Paesi membri e/o alle aree». A scriverlo è l’Ufficio Studi di Confcommercio che ha presentato il rapporto L’euro compie vent’anni al forum di Cernobbio. Cosa significa? Che, per spiegarla con chi ha condotto lo studio, gli Stati in cui si sono osservate dinamiche meno elevate «tendono a patire in modo costante il distacco dalle economie più vivaci». E qual è un paese che «manifesta una strutturale differenza negativa nei tassi di crescita»? L’Italia, certo.

Nel periodo 1999-2018 il tasso medio di crescita dell’Italia (+0,4%) – si apprende dal rapporto – è stato pari a circa un quarto della media dell’UE (+1,6%), di Francia (+1,5%) e Germania (+1,4%) e un quinto di Spagna (+2%) e Regno Unito (+1,9%). «Un confronto significativo – entra allora nel dettaglio il rapporto – si può fare usando il Pil pro capite e i consumi trasformati in standard di potere d’acquisto (Spa): in questo caso emerge un peggioramento della posizione dell’Italia (96% rispetto alla media UE), con la sola Spagna (91,6%) a segnare una performance peggiore, mentre la migliore è la Germania (123,5%). Una nota positiva per il nostro paese è che i consumi privati hanno evidenziato una migliore tenuta negli anni della prolungata crisi».

Capitolo lavoro. Nel 2018 l’UE conta 239 milioni di occupati, di cui 158,2 milioni nell’UEM. Rispetto al 2013, nel periodo della crisi finanziaria ed economica, quando è stato toccato il minimo, l’occupazione nel 2018 è aumentata di 14,6 milioni nei paesi dell’Unione europea, di cui 9,3 milioni

nella zona euro. Non tutti gli Stati membri, però, hanno registrato una ripresa ai medesimi ritmi. Molti presentano ancora livelli occupazionali al di sotto di quelli precedenti alla crisi, in particolare alcuni paesi dell’Est e Baltici (Lettonia, Romania, Bulgaria e Croazia), la Grecia, la Spagna e il Portogallo.

L’Italia, nonostante andamenti altalenanti, ha almeno recuperato «quasi interamente» il numero di occupati persi durante la crisi (circa un milione), mentre Germania e Regno Unito hanno registrato un incremento dei posti di lavoro di oltre il 10% dal 2007 ad oggi, così come tutti i paesi del gruppo Nord-Europa (in particolare Lussemburgo, Svezia e Austria). I miglioramenti rilevati dal lato della domanda di lavoro hanno determinato una lenta risalita del tasso di occupazione, segnalando un aumento della quota di popolazione che contribuisce alla produzione della ricchezza.

Restando all’Italia e alla più stretta attualità, da segnalare che «Confcommercio ha tagliato stime di crescita per il 2019, da +1% a +0,3%, mentre nel 2020 è atteso un aumento dello 0,5%, ma solo con l’ipotesi di totale disinnesco delle clausole di salvaguardia sull’Iva (costo operazione stimato a 23,1 miliardi di euro). Con l’aumento dell’Iva sono attese più tasse per 382 euro a testa e 889 euro a famiglia».

 

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