Il futuro è nelle mani del potere
J.T. Fraser, in un famoso testo sul problema del tempo , scriveva che quello che descriviamo metaforicamente come “flusso del tempo” non è una caratteristica dell’universo fisico. Ha, invece, le sue origini nel processo della vita, nella creatività della mente, nelle convenzioni sociali e nelle forme di comunicazione. Per Fraser la freccia del tempo è un problema che la fisica non è in grado di comprendere e risolvere perché è un fenomeno della vita e come tale il suo studio appartiene alle scienze umane. E’ certo che da un punto di vista biologico non ha alcun senso parlare del tempo come oggetto o come contenitore di cose o eventi. Il tempo è un costrutto di cui i sistemi viventi si servono per sviluppare le loro azioni e i loro progetti. Il problema della costruzione del tempo interessa, quindi, la componente intellettiva che genera la “nootemporalità” (per usare la terminologia di Fraser). E’ la capacità umana di legare il presente con un passato anche remoto e con un futuro non prossimo. E’ il tempo sia della coscienza che della conoscenza. E’ il percepire gli eventi della vita intrecciati in una trama dotata di senso, che appunto è la storia. Questo processo appare, oggi, profondamente in crisi perché si sta sviluppando un’esperienza del tempo “spazializzato”. Il tempo spazializzato è un tempo in cui in ogni istante è autonomo, separato dal mondo. Non si lega a quello che precede e a quello che lo segue, ma rimane isolato: la vita non è più un intreccio, una storia lineare, ma è un insieme spaziale; ogni momento della vita sta accanto all’altro, senza intrecciarsi, senza legarsi. Ne consegue che ciascuno percepisce la propria vita come una serie di tanti momenti paralleli che non si intrecciano e non si legano, che non costituiscono una narrazione. Il risultato è che ciascuno vive applicando la logica che quel momento richiede, anche se sono logiche diverse e contraddittorie con quelle richieste dal momento e dalla situazione precedente. La coerenza non è più un valore, perché quello che conta è vivere ogni momento di vita in modo funzionale, adeguato alle esigenze. Non si può più parlare di identità al singolare ma di poli-identità, di identità multipla. Questo tipo di realtà temporale mette in crisi la dimensione del progetto, perché progettare significa selezionare nel presente ciò che è coerente con la storia passata e soprattutto con le attese e gli obiettivi futuri. Tale selezione non può avvenire in una concezione del tempo in cui ha senso solo ciò che offre il presente e un determinato contesto. Il futuro, inevitabilmente, tende ad oscurarsi e a scomparire. Ecco allora che si innesca un processo di traslazione dell’autodeterminazione: il futuro non è più nelle mani dell’individuo ma in quelle di chi ha “potere” dove il potere assume un profilo trascendente e indeterminato.