Quel partito che non riesce a dire cosa pensa
Raccogliere 10 milioni di firme non può essere l’unico modo che abbiamo per raccogliere e rappresentare l’indignazione degli italiani. Quel numero rischia di ingabbiare il PD, mentre gli italiani continuano a chiederci di costruire un Paese diverso. Non che non sia doveroso per il Partito Democratico rappresentare plasticamente il disagio, e pure la vergogna, degli italiani davanti alle vicende boccaccesche di un premier ossessionato dalle sue disgrazie giudiziarie, con le istituzioni lacerate e la crisi economica che galoppa (nel caso ce lo fossimo scordato, è disoccupato il 29.4% dei giovani italiani). No, non è questo. Il tema è che andarsi a impiccare a un numero fisso è stato come dire che sotto quella soglia, qualsiasi schifezza potesse essere ingoiata e sopportata: l’indignazione e il disagio degli italiani per il Governo e per il suo Presidente rimarrebbero anche se il PD non raggiungesse quel numero, forse, sproporzionato e fatale. Il punto è che abbiamo un altro tema non procrastinabile per il PD, quello di poter comunicare sinteticamente ed efficacemente le nostre idee. Abbiamo tra le migliori menti del paese ma non riusciamo a far capire agli italiani quali siano le nostre battaglie, cosa vogliamo ottenere, cosa significhi e cosa comporti la militanza e il voto per il PD. Estendiamo documenti fiume pieni di idee eccellenti che nessuno mai si prenderà la briga di leggere e impossibili da ricordare, sui grandi temi che dividono il paese non ci siamo per paura di scontentare questo o quello, i nostri leader per la grandissima parte sono assenti dalla Rete o delegano ad altri i loro interventi senza capire che stare sulla Rete significa accettare uno scambio personale (o che tale almeno sembri) con chi ti legge, che oggi non è più possibile eludere.
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