La politica monetaria europea
La politica monetaria europea, con l’avvento di Mario Draghi alla presidenza della Bce, si è fatta improvvisamente più espansiva. Più liquidità sui mercati, tassi di interesse più bassi e un nuovo sistema di finanziamento delle banche (Ltro) che, auspicabilmente, dovrebbe tradursi in una maggiore possibilità per le imprese di ricorrere a prestiti. Da cosa dipende questo drastico cambiamento, che rappresenta un vero e proprio punto di discontinuità rispetto alla precedente gestione da parte di Trichet? Draghi ha dichiarato esplicitamente che il modello sociale europeo è da considerarsi definitivamente fallito. Quando si fa riferimento ad un modello sociale si fa riferimento anche al modello economico sul quale la società si fonda. Finora, il modello economico di riferimento è stato quello della socialdemocrazia tedesca. Il modello tedesco è caratterizzato da una visione fobica relativa al mantenimento ossessivo di un basso tasso di inflazione, attuabile mediante politiche monetarie mediamente restrittive, caratterizzate da una scarsa propensione della banca centrale a concedere liquidità al mercato e da tassi d’interesse tendenzialmente medio-alti. In cambio, la virtuale assenza di inflazione dovrebbe garantire la stabilità dei prezzi, qualità che andrebbe a vantaggio soprattutto delle componenti meno abbienti della popolazione. Questa politica, di cui Trichet è stato per anni l’icona indiscussa, può considerarsi fallita, in quanto ha provocato, in pochi anni, il prosciugamento della liquidità sui mercati finanziari, senza la quale non è possibile ipotizzare alcun corretto funzionamento dei meccanismi di trasmissione del mercato monetario, che comprende le banche, gli istituti finanziari e, infine, le imprese.
Da qui, la necessità di un cambio radicale. Con il Ltro la speranza di Draghi è che gli istituti di credito, forti della sicurezza di avere le spalle coperte da una banca centrale con risorse di liquidità praticamente illimitate, si decidano finalmente ad aprire i cordoni del credito e si decidano a finanziare nuovamente le imprese. Il problema dell’accesso al credito è evidentemente uno dei maggiori driver della crisi finanziaria ed economica che ha coinvolto l’Europa ed è quindi auspicabile che si possa ripartire anche da questo per rilanciare le imprese, soprattutto quelle di dimensione medio-piccola e far ritornare l’Europa ad essere un luogo dove far business è possibile.
Quanto agli effetti del programma di rifinanziamento, questi non sono ancora del tutto chiari. In particolare, alcuni detrattori, soprattutto in Germania, ritengono che l’easy money potrebbe creare problemi di azzardo morale da parte degli istituti di credito. Possibile è il rischio che la liquidità rimanga nel bilancio delle banche, vanificando così il tentativo di Draghi di ridare slancio all’imprenditoria. Se questo avverrà o no solo il tempo sarà in grado di stabilirlo. Nel frattempo, a Draghi va sicuramente riconosciuto il coraggio di aver intrapreso una nuova strategia monetaria, derogando in parte ai compiti assegnati alla Bce dai trattati europei, che potrebbe risultare una delle armi vincenti per l’Europa dei prossimi anni.
Emanuele Canegrati è Dottore di ricerca in Economia pubblica all’Università Cattolica di Milano, Visiting Researcher presso lo STICERD Center della London School of Economics dal 2006 al 2008 e presso il Luxembourg Income Study Office nel 2009. Dal 2010 giornalista per l’Occidentale ed economista per la Fondazione Magna Carta. Consulente economico per la pubblica amministrazione. Autore di diverse pubblicazioni internazionali tra le quali “Economics of Taxation” (Novascience, New York).