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Il Regno Unito al voto

Cittadini britannici chiamati a rinnovare la Camera dei Comuni. La scommessa di Sunak, ma i sondaggi premiano i laburisti di Starmer

di Fabio Germani

Il copione visto in Francia dopo le elezioni europee, i britannici lo avevano già sperimentato a seguito delle amministrative di inizio maggio. La sconfitta elettorale dei Tories – i conservatori britannici – ha spinto il premier Rishi Sunak a indire elezioni anticipate per il 4 luglio, quando avrebbe potuto proseguire il suo incarico senza l’incognita del voto almeno fino all’inizio del prossimo anno. Ma la scommessa di Sunak, nel quadro di una finestra non particolarmente ampia (l’annuncio di elezioni anticipate è arrivato il 22 maggio) è giunto in un momento non troppo negativo per il paese dal punto di vista economico, una leva – qui “l’azzardo” dell’inquilino di Downing Street – per sperare in un recupero di consensi.

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I sondaggi, da tempo, premiano infatti i laburisti di Keir Starmer, proiettati a vincere le elezioni dopo 14 anni di dominio Tory. Non sono stati anni facili per il Regno Unito, questi. La Brexit – non solo il referendum del 2016, ma in misura maggiore le procedure di uscita dall’Unione europea e le relative trattative con Bruxelles – ha condizionato le politiche e l’economia del paese, non senza iniziali ripercussioni negative. Un altro duro colpo, come del resto un po’ ovunque, è quello che si è registrato durante la pandemia. Nel mentre si sono susseguiti al numero 10 di Downing Street cinque premier: David Cameron (il quale si è dimesso dopo la vittoria del leave al referendum sulla Brexit), Theresa May (coinvolta nella fase più difficile degli accordi di uscita con l’UE), Boris Johnson (travolto dalle polemiche durante la pandemia), la breve parentesi di Lizz Truss e ora Sunak. Ora potrebbe essere la grande occasione per il Labour Party, che non esprime la guida del paese dai tempi di Gordon Brown.

I sondaggi, dicevamo, danno per favorito il partito di Starmer. Secondo l’ultima rilevazione Techne UK, i laburisti si attestano al 41%, i conservatori al 19%. Ma non sono gli unici partiti in corsa: ci sono anche il Reform Party (al 17% secondo Techne) di Nigel Farage – tra i principali promotori della Brexit nel 2016 –, i LibDem (12%), i Verdi (5%) e lo Scottish National Party (3%). Ma come si vota nel Regno Unito?

I cittadini britannici saranno chiamati a rinnovare la Camera bassa del Parlamento, la House of Commons (al contrario, la Camera alta, la House of Lords, è un ramo non elettivo), per un totale di 650 seggi in palio (326 è la soglia che segna il traguardo della maggioranza assoluta). Le modalità di voto ed elezione sono abbastanza semplici. Vige un sistema maggioritario: chi prende più voti, vince. Così il leader del partito che avrà ottenuto la maggioranza avrà l’incarico di formare il governo dal re. La situazione è più complicata in caso di mancato raggiungimento della quota necessaria di seggi, per cui possono innescarsi meccanismi di alleanze parlamentari o scenari di possibili governi di minoranza (circostanza che si verificò nel 2017 con Theresa May). Il quadro, per come appare oggi nei sondaggi, dovrebbe però scongiurare rischi del genere in vista delle elezioni di giovedì. 

La campagna elettorale è stata incentrata soprattutto sull’economia e sulle politiche migratorie, quest’ultime di recente caratterizzate dal cosiddetto piano Ruanda, la (controversa) misura del governo conservatore per contrastare i flussi illegali, che prevede trasferimenti dei richiedenti asilo nel paese africano. Per quanto riguarda l’economia, l’Office for national statistics (Ons) nei giorni scorsi ha rivisto al rialzo la stima di crescita del Pil del Regno Unito nel primo trimestre, a 0,7% dall’iniziale stima di +0,6%, segnando l’uscita dalla recessione, elemento tuttavia non sufficiente, fin qui, per ribaltare il trend registrato dai sondaggi. L’unico aspetto che sembra “accomunare” conservatori e laburisti è la garanzia del sostegno all’Ucraina nella guerra con la Russia.

 

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