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L’analisi

di Antonio Caputo

Due giorni di primarie tra martedì e mercoledì e quattro Stati coinvolti.
Partiamo dai Democratici. South Carolina, profondo Sud, dove il voto è dato ancora su base etnica, segno di una frattura tuttora non risanata: la maggioranza bianca vota Repubblicano all’80%; la consistente minoranza afroamericana vota Democratico ben oltre il 90%. Bene, in questo Stato, popolato da circa 5 milioni di abitanti, e ciò nonostante senza grandi realtà urbane (la Capitale Columbia è la sola cittadina di un certo rilievo), un mese dopo la primaria repubblicana si svolgeva quella democratica. Obama correva senza opposizioni, conquistando tutti i delegati in palio. Anche nel 2008, nell’incertissima (a livello nazionale) competizione con Hillary, Obama (dato il massiccio supporto afroamericano) fece suo lo Stato con un largo margine, per imboccare da lì la strada verso la Casa Bianca. Voto per i Democratici anche in Michigan: a Obama poco meno del 90% dei 200.000 votanti; il 10.5% è stato un voto neutrale (Uncommitted).
Tre Stati al voto per i Repubblicani: due dei quali, Michigan ed Arizona, martedì 28 (insieme alle due sfide per i Democratici), e l’altro, il Wyoming, mercoledì 29.
Delle tre sfide, la più incerta si giocava in Michigan, Stato industriale del Midwest, da anni in profondo declino economico, nella cui città principale, Detroit, capitale mondiale dell’auto, nacque Romney, 65 anni fa. Il padre di Mitt, George Romney, fu governatore del Michigan negli anni 60 e da lì provò a lanciarsi (senza successo) per la nomination repubblicana nel 1968. Nonostante il pedigree, il miliardario mormone ha faticato non poco per piegare la resistenza dell’ex Senatore della Pennsylvania, Rick Santorum, con un risultato di 41,1 a 37,9. Romney fa suo il voto dei moderati, delle città (Detroit e la sua area metropolitana, ma anche l’area della Capitale Lansing), e (curiosamente) dei cattolici. A Santorum, invece, i voti dei protestanti, soprattutto gli evangelici più conservatori e delle vaste aree del Nord dello Stato, lontano dalla grande regione metropolitana di Detroit. Per Romney, però, vittoria a metà: deve infatti dividere i delegati esattamente a metà col rivale Santorum. Ancora, l’11.6% al deputato libertario Ron Paul, terzo, che precede, quasi doppiandolo, Newt Gingrich, fermo al 6.5%. Un 2%, infine, di voto neutrale (Uncommitted). Al voto circa un milione di elettori.
La vittoria più ampia Romney la fa registrare in Arizona, Stato in cui godeva dell’appoggio del potente senatore McCain. L’ex governatore del Massachusetts vince nello Stato del Gran Canyon, con un netto 47.3% superando di oltre 20 punti Santorum, al 26.6%. Terzo l’ex Speaker della Camera Newt Gingrich, al 16.2%, il quale doppia il libertario Ron Paul, fermo all’8.4%. Romney fa suo il voto dei moderati, dei cattolici, degli ispanici e (ovviamente) dei mormoni. A Santorum i conservatori; divisi a metà, con una leggerissima prevalenza per l’italoamericano, gli evangelici. Su scala territoriale, la vittoria del miliardario mormone è più netta rispetto al resto dello Stato nella Capitale Phoenix (una città in rapidissima ascesa, sesta per popolazione a livello nazionale, tallona ormai Philadelphia e supera Dallas per numero di abitanti) e nelle contee delle riserve indiane; meno nettamente, ma Romney vince anche nell’altra principale area metropolitana dello Stato, quella di Tucson.
Infine, il voto in Wyoming, nel caucus dello Stato meno popolato dell’Unione. Mitt Romney, superfavorito della vigilia, in un altro Stato in cui il voto mormone pesa, si aggiudica la vittoria, ma non va oltre il 39%, (nel 2008 era al 54%) distanziando di 7 punti il rivale Santorum, al 32%. A Ron Paul, che ancora una volta fa registrare una buona performance nei caucus, il 21%. Appena l’8% infine, all’ex Speaker della Camera Gingrich, il quale esce con le ossa rotte da questo mese di febbraio, nel quale ha collezionato 2 terzi posti (Arizona e Nevada) e ben 5 quarte posizioni (Minnesota, Colorado, Maine, Michigan e Wyoming), neppure presentandosi in Missouri.
Siamo ormai in vista del Super martedì, il prossimo 6 marzo, che sarà preceduto da un altro appuntamento, il caucus repubblicano nello Stato di Washington, nella Costa Pacifica settentrionale. I sondaggi dicono Romney; se così fosse, l’ex governatore del Massachusetts infilerebbe un altro successo che lo proietterebbe come il favorito proprio in vista del Super martedì.

 

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