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Capolavori dell’arte antica alla Galleria Borghese

di Stefano Di Rienzo

Attualmente a Roma si sta tenendo una mostra dal titolo “I Borghese e L’Antico”, (7 Dicembre 2011 al 9 Aprile 2012) organizzata dalla Galleria Borghese e con la collaborazione eccezionale del Museo del Louvre. L’esposizione, sesta del ciclo “Dieci Grandi Mostre”, si differenzia da tutte quelle che l’hanno preceduta e rappresenta un evento eccezionale di rilevanza storica. Grazie alla collaborazione del Museo del Louvre, per la prima volta dal 1807 quando la raccolta venne venduta a Napoleone Bonaparte da Camillo Borghese, (1552-1621, che diventerà papa con il nome di Paolo V Borghese nel 1605) le sale della villa tornano ad ospitare alcuni dei più bei capolavori di quella che fu una delle più celebri collezioni archeologiche romane.
La mostra è curata da Anna Coliva (Direttore della Galleria Borghese), Marielou Fabregà Dubert (Direttore del Dipartimento di Antichità Greca Etrusca e Romana del Museo del Louvre), Marina Minozzi (Storica dell’Arte e coordinatrice della Galleria Borghese). Le opere non saranno semplicemente esposte, ma secondo il progetto degli stessi curatori verranno presentate in base alla loro collocazione storica: il piano terra del museo riproporrà l’allestimento tardo-settecentesco fatto realizzare dall’architetto Antonio Asprucci, che diverrà il contesto dove verranno disposte le statue. Al primo piano della Villa le sale restituiranno la suggestione dell’accostamento seicentesco tra dipinti e sculture, in una successiva sequenza di immagini rievocando il gusto del cardinale Scipione Caffarelli Borghese, (1577-1633) fondatore della collezione e della Villa stessa. Le sculture saranno collocate in modo tale da rievocare l’aspetto della Villa come si presentava alla fine del settecento. Per il periodo della mostra sarà possibile fare un vero e proprio salto nel tempo in quegli anni in cui tutta Europa guardava alla Villa Borghese come al modello di esposizione e interpretazione dell’antico.
Torneranno alla Galleria Borghese per la prima volta dopo 200 anni, 60 opere illustri come “Il Vaso Borghese”, con scene dionisiache, facente parte della scuola neo-attica 40-30 a. C., “L’Ermafrodito Dormiente”, replica antica di un originale greco del 150-140 a.C. attribuito a Policleto e restaurato da Gian Lorenzo Bernini, “Il Sileno e Bacco Bambino”, I-II sec. d.C. replica da un originale di Lisippo, “La Venere Marina” del 160 d.C. replica da un originale del III sec. a.C. e il celebre “Centauro cavalcato da Amore”, replica romana dell’epoca di Adriano di un originale del II sec. a. C. che mai prima d’ora avevano lasciato il museo parigino. Quest’ultima opera insieme alle “Tre Grazie” torneranno nelle sale che per oltre un secolo e mezzo furono ad essi intitolate.
Il patrimonio archeologico dei “marmi Borghese”, oggi gloria del Louvre, costituisce una delle più sensazionali vendite mai avvenute. Nel 1807 Camillo Borghese, marito di Paolina Bonaparte accettò di vendere 695 pezzi tra statue, vasi e rilievi alla Francia per volontà del cognato Napoleone che voleva dotare la capitale del suo impero del museo pubblico più importante delle arti universali: il Museo del Louvre che tra il 1803 e il 1815 prende il nome di Museè Napolèon.
Incaricato da Napoleone di stimare la collezione Borghese in vista del suo acquisto Ennio Quirino Visconti (antiquario di fama) fu il responsabile dell’acquisizione più importante della storia delle raccolte d’arte antica del Louvre. L’idea che animò il progetto è espressa bene da Denon (direttore dei musei imperiali), in tutte le lettere che lo stesso direttore invia all’imperatore sull’argomento non trascura mai di associare le belle arti al prestigio dell’imperatore. La volontà di Napoleone di acquisire la collezione borghese risponde alle aspettative scientifiche dell’antiquario Visconti cioè favorire il progresso della scienza attraverso lo studio delle opere acquisite e di contribuire alla formazione degli artisti attraverso lo studio dei modelli antichi.
Le opere partirono per Parigi in due fasi ben documentate dai materiali conservati presso gli archivi nazionali di Parigi. Le opere più belle partirono con due convogli via terra, la seconda parte raggiunse il museo solo nel 1811 con un trasporto via terra reso possibile dall’intervento del commissario francese Pierre Adrien Pâris, nominato dal Ministro francese dell’Interno e incaricato dell’imballaggio e della spedizione degli oggetti acquisiti.
La formazione della raccolta Borghese di antichità si deve al Cardinale Scipione Caffarelli Borghese, (1577-1633, nipote di Paolo V Borghese) che acquista a breve distanza di tempo due collezioni: la prima nel 1607 quella di Lelio Ceoli, collocata nel palazzo eretto dall’architetto Antonio da Sangallo il Giovane in via Giulia, subito dopo nel 1609 si assicura la collezione formata dallo scultore Giovanni Battista Della Porta. A questi due primi nuclei si aggiungono ben presto altre opere di straordinaria importanza acquisite da altre collezioni o pervenute attraverso ritrovamenti fortuiti. Le sculture inizialmente destinate alla sua residenza del cardinale in Campo Marzio e alla sua villa sul Quirinale furono ben presto trasferite nella Villa Borghese, (in cui lavori di riassetto iniziano nel 1606 su incarico di Paolo V e vengono completati nel 1613) concepita dallo stesso cardinale appositamente per l’esposizione delle collezioni di pittura e scultura. L’importanza delle sculture è evidente all’esterno, le statue e i rilievi costituivano il prezioso ornamento delle facciate scandendo i viali e i piazzali antistanti la Villa.
Alla fine del settecento la Villa fu rinnovata per volere del principe Marcantonio IV Borghese,(1730-1800, senatore della Repubblica Romana) in cui furono le opere di scultura a determinare i punti focali dell’allestimento. L’architetto Antonio Asprucci dispose i maggiori capolavori secondo un nuovo criterio espositivo ponendoli al centro di ogni sala e raccordando il tema decorativo dell’ambiente (dalle pareti alla volta) al nucleo iconografico del gruppo scultoreo. Si creò l’aspetto con cui il Museo appare ancora oggi nel suo splendore dei marmi.
Tra la fine del 1807 e il 1808 la collezione fu ceduta a Napoleone Bonaparte e le sculture archeologiche della villa furono trasportate a Parigi. La perdita di questa straordinaria collezione ebbe un impatto fortissimo sulle coscienze del tempo come nello scultore Antonio Canova che sulle sculture della villa aveva condotto il suo appassionato studio sull’antico definendola “una incancellabile vergogna per la villa più bella del mondo.” Il Cardinal Casoni, rifacendosi alla legislazione pontificia, prova in tutti i modi a salvare la collezione Borghese dall’acquisizione napoleonica, il tentativo non ha nessun esito data la situazione politica che fa registrare in quelli anni un predominio assoluto dei francesi a Roma. Il cardinale Camillo Borghese dopo la vendita cercò di ripristinare, per quanto possibile, la collezione attraverso il recupero dei reperti archeologici provenienti da scavi ed acquisti. Queste nuove acquisizioni operate nel corso dell’Ottocento costituiscono l’attuale collezione archeologica conservata presso la Galleria Borghese.
La vicenda della vendita della collezione Borghese fu così scioccante da suscitare una consapevolezza del rischio incombente di vendita sulle opere d’arte italiane e ponendo le basi dei primi provvedimenti di tutela del patrimonio artistico nazionale.

 

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