Cuba e la repressione ordinaria
Sul rapporto intitolato Repressione ordinaria: persecuzione e brevi periodi di carcere politico a Cuba, diffuso giovedì scorso da Amnesty International, l’Organizzazione no profit per la difesa dei diritti umani denuncia l’aumento vertiginoso, negli ultimi due anni, di persecuzioni, torture e casi di detenzione ai danni di attivisti politici, blogger e giornalisti sull’isola caraibica.
Secondo i dati riportati dal testo risulta che solo da gennaio a settembre del 2011 vi sono stati più casi di violazioni dei diritti umani che in tutto il 2010: ben 2784 casi contro i 2074 dell’anno precedente. Solo da marzo scorso sono stati arrestati oltre 65 giornalisti indipendenti, qualcuno anche più di una volta, e passano ore o anche giorni nei commissariati di polizia dove subiscono interrogatori, indimidazioni e talvolta pestaggi.
Gerardo Ducos, ricercatore per Amnesty International a Cuba, ha dichiarato: “Le tattiche sono cambiate, ma la repressione è forte come sempre. Dopo i rilasci di massa dei prigionieri di coscienza nel 2011, le autorità hanno affilato la loro strategia per zittire il silenzio perseguitando attivisti e giornalisti con brevi periodi di carcere e azioni pubbliche di ripudio”, non comunicando quasi mai alle famiglie dei malcapitati i motivi degli arresti né i luoghi di detenzione.
“La repressione – conclude Ducos – nei confronti dei diritti umani sta peggiorando. Vogliamo che gli attivisti siano in grado di svolgere il loro legittimo lavoro senza timore di rappresaglie”.
Un esempio ben chiaro di quanto succede a Cuba è quello che riguarda quanto capitato ai fratelli Antonio Michel e Marcos Máiquel Lima Cruz.
Sui due fratelli, che sono stati arrestati nel dicembre 2010 perché cantavano canzoni sulla mancanza di libertà di espressione sull’isola, pesano le accuse di insulto ai simboli della madrepatria e di disordini pubblici. Non solo Antonio Michel, che soffre di problemi alla prostata e dovrebbe ricevere cure adegutate, per le quali potrebbe essere messo in libertà vigilata come chiesto dalla famiglia e dall’avvocato, si trova ancora in prigione ma non viene nemmeno curato.
Per casi come questo Amnesty Internaytional si è mobilitata chiedendo la scarcerazione dei due fratelli, considerati prigionieri di coscienza. Altri casi evidenziati nel rapporto sono quelli che riguardano “Yasmin Conyedo Riverón e suo marito Yusmani Ráfael Alvarez Esmori, in carcere dall’8 gennaio 2012 con la pretestuosa accusa di ‘violenza o intimidazione’ contro un pubblico ufficiale”.
E ancora: “Il giornalista dell’Avana, José Alberto Alvarez Bravo è stato imprigionato 15 volte dall’aprile all’ottobre 2011. In uno di questi arresti, il 12 luglio, i funzionari della sicurezza hanno sequestrato il suo computer, una chiavetta Usb, una camera digitale, libri e documenti. È rimasto in prigione oltre 72 ore”.