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I cittadini non comunitari regolarmente soggiornati

Pubblichiamo di seguito il report dell'Istat sui cittadini non comunitari regolarmente soggiornati

Gli stranieri non comunitari regolarmente soggiornanti in Italia al 1° gennaio 2011 sono oltre 3 milioni e 500 mila. Dai primi anni Novanta ad oggi non soltanto è aumentato il numero di cittadini stranieri presenti con regolare permesso di soggiorno, ma si sono anche notevolmente modificate le caratteristiche di questa particolare popolazione.
Nel 1992 erano regolarmente presenti in Italia quasi 650 mila stranieri. Si deve ricordare però che allora, a differenza di quanto avviene oggi dopo l’entrata in vigore della libera circolazione in Europa nel 2007, le statistiche comprendevano anche gli stranieri comunitari. Non venivano contabilizzati, invece, i minori “accompagnati” – cioè iscritti sul permesso di soggiorno di un adulto – per i quali le informazioni sono state messe a disposizione solo a partire dal 2008, grazie a innovazioni introdotte nei processi di elaborazione e trattamento dei dati. Anche tenendo conto di queste differenze nella contabilizzazione, l’aumento della presenza non comunitaria risulta comunque evidente.
Tale crescita si è realizzata con evidenti picchi in corrispondenza di provvedimenti di regolarizzazione e, spesso, con cali negli anni successivi, dovuti all’impossibilità per molti regolarizzati di continuare a mantenere un permesso regolare. Gli incrementi più elevati si sono registrati dal 1996 al 1997, quando si è passati da circa 730 mila permessi a quasi 2 milioni e tra il 2003 e il 2004 con un passaggio da circa 1 milione e mezzo di presenze a oltre 2 milioni e 200 mila.
Mentre la presenza aumentava in termini assoluti, mutavano anche le sue caratteristiche. Nei primissimi anni Novanta il maggior numero di regolarmente soggiornanti proveniva dall’Africa, in particolare da quella settentrionale (23%); a partire dalla seconda metà dello stesso decennio le presenze dell’Europa Centro Orientale sono divenute prevalenti. Dal 2000 in poi l’incidenza delle collettività dell’Est Europa è aumentata, in special modo dopo la regolarizzazione avvenuta tra il 2003 e il 20041 (fino a raggiungere oltre il 40% del totale delle presenze). Anche dopo l’entrata nell’Unione Europea della Romania (e le presenze rumene non sono più state contabilizzate attraverso i permessi di soggiorno), le cittadinanze dell’Europa dell’Est hanno continuato a rappresentare la quota preponderante dei regolarmente soggiornanti (32%), determinando in gran parte l’andamento della presenza straniera regolare, mentre per le altre aree di provenienza si sono registrati aumenti continui, ma contenuti.

La presenza non comunitaria risulta bilanciata per genere: le donne rappresentano il 48,4% del totale dei regolarmente soggiornanti. Il valore riferito all’insieme degli stranieri non comunitari è, però, un risultato di sintesi in cui si compensano differenze tra le diverse cittadinanze. Le prime dieci cittadinanze coprono il 63% della presenza regolare: i più numerosi sono i cittadini marocchini (502 mila), seguono gli albanesi (483 mila), i cinesi (274 mila), gli ucraini (218 mila) e i moldavi (143 mila). Quest’ultima collettività nel 2008 si collocava al nono posto della graduatoria (con 80.681 soggiornanti), ma in tre anni la sua numerosità è quasi raddoppiata e ha superato collettività “storiche” come quella filippina e quella tunisina.
La struttura per età della popolazione non comunitaria regolarmente soggiornante continua a essere molto giovane, con una quota di minori che sfiora il 22%, mentre coloro che hanno 60 anni e più rappresentano circa il 4% della popolazione. Per avere un’idea della particolarità della struttura per età dei cittadini non comunitari regolarmente soggiornanti, si pensi che i minori rappresentano il 16% della popolazione residente in Italia, mentre le persone con 60 anni e oltre il 26%.
Anche nel caso della distribuzione per età si mettono in luce sostanziali differenze tra le cittadinanze. Ad esempio, rispetto alla piramide delle età disegnata per il totale dei soggiornanti, per il Marocco si evince una struttura per sesso sbilanciata al maschile, con un peso maggiore delle classi di età infantili, mentre per l’Ucraina risalta la caratterizzazione al femminile e il peso delle classi di età più avanzate.
Prendendo in considerazione le prime cinque cittadinanze, per Marocco, Cina e Albania la quota di minori è superiore o uguale alla media, mentre è nettamente inferiore alla media per la Moldavia e ancor di più per l’Ucraina. Naturalmente, ciò potrebbe in parte dipendere dalla differente storia migratoria delle collettività considerate: mentre quella moldava e quella ucraina sono di più recente insediamento (in particolare la prima), quella marocchina, la cinese e l’albanese sono presenti sul territorio italiano da lungo tempo e hanno ormai spiccate caratteristiche di stabilità. La popolazione ucraina soggiornante nel Paese è molto sbilanciata per sesso (le donne rappresentano l’81,1% del totale) e fa registrare un’età media elevata (42 anni), con una quota di ultrasessantenni che arriva al 9,1%. A differenza di quella moldava, la collettività ucraina è ormai una presenza divenuta consistente sul territorio già a partire dalla regolarizzazione avvenuta tra il 2003 ed il 2004.
Un altro elemento di grande interesse per comprendere i modelli d’inserimento seguiti è la quota di popolazione nata in Italia e, in particolare, di minori. Circa due terzi dei minori soggiornanti in Italia sono nati nel nostro Paese, per un totale di oltre 420 mila cittadini non comunitari con meno di 18 anni nati in Italia. Tra le dieci collettività più numerose, particolarmente rilevante è la quota di minori nati in Italia per tunisini, cinesi e filippini, con percentuali superiori al 79%.

La distribuzione territoriale degli stranieri da sempre vede il Centro-nord come area privilegiata d’insediamento: il 36,9% dei cittadini non comunitari regolarmente presenti vive nel Nord-ovest, il 29,2% nel Nord-est e il 22,3% al Centro3 (Figura 1); solo il 13% vive nel Mezzogiorno. La regione preferita dagli stranieri non comunitari è la Lombardia (26,6%) seguita da Emilia-Romagna (12,6%) e Veneto (12,1%). Le province nelle quali si concentra maggiormente la presenza straniera sono: Milano, Roma, Brescia, Bergamo, Firenze, Modena, Treviso e Verona. Accanto alle grandi città, si collocano anche centri di minore ampiezza demografica. Nella provincia di Bergamo vivono più stranieri non comunitari di quanti vivano nell’intera Liguria; in quella di Treviso più che nell’intero Trentino-Alto Adige. Anche in questo caso, tuttavia, emergono specificità per collettività: ad esempio, per i moldavi il Veneto è la regione in cui si registra il maggior numero di presenze.
Dal punto di vista relativo, l’incidenza dei soggiornanti non comunitari sul totale della popolazione residente è del 5,8%4 e raggiunge il suo massimo (8,9%) nel Nord–est, mentre la regione con l’incidenza maggiore è l’Emilia-Romagna (10,1%). La situazione, però, risulta fortemente diversificata a livello territoriale: per 10 province, tutte nell’area del Centro-nord, il rapporto si colloca oltre il 10%. Quelle per le quali si registra l’incidenza più elevata sono: Prato, Reggio nell’Emilia, Brescia, Modena e Mantova per le quali il rapporto va dal 12% al 17%.
Per la prima volta quest’anno l’Istat diffonde il dato sui soggiornanti di lungo periodo. Ormai quasi la metà dei cittadini non comunitari regolarmente presenti in Italia (circa 1 milione e 600 mila, il 46% del totale dei non comunitari regolarmente soggiornanti) ha un permesso a tempo indeterminato. Il fatto di avere un permesso di soggiorno di lungo periodo è un indicatore non soltanto di stabilità sul territorio, ma anche del livello di qualità della vita. La normativa vigente prevede, infatti, che per richiedere tale permesso di soggiorno, oltre ad essere in Italia da almeno cinque anni, si debbano avere un reddito e un alloggio adeguati; inoltre si deve superare un test di conoscenza della lingua italiana o comunque attestarne la padronanza.
Per quanto riguarda le collettività che usufruiscono maggiormente di questa particolare tipologia di soggiorno, in valore assoluto la situazione non si discosta molto da quella che si mette in luce per l’insieme dei soggiornanti. In questo caso, però, la percentuale di tunisini sul totale supera quella dei moldavi, essendo quest’ultima una collettività di più recente insediamento.
Tra i soggiornanti di lungo periodo, il rapporto tra i sessi è più equilibrato rispetto a quanto riscontrato in generale. Diverso è il caso dei soggiornanti di lungo periodo provenienti dall’Ucraina, per i quali la struttura di genere appare ancora più sbilanciata a favore delle donne. La quota di minori sul totale, inoltre, è di 10 punti più elevata rispetto a quella rilevata tra i soggiornanti aventi un permesso con scadenza. La percentuale è particolarmente alta tra gli egiziani (36,7%), i tunisini (35,6%) e i marocchini (33,4%). Più elevata è anche la quota di coniugati (48,7% contro 40%).

La percentuale di soggiornanti di lungo periodo sul totale dei soggiornanti va dal 31,6% delle Isole al 51,3% del Nord-est. Nel Nord-ovest si attesta intorno al 48%, arriva quasi al 43% al Centro e sfiora il 38% al Sud. Anche se, in generale, si registra un’incidenza generalmente più elevata nelle aree del Centro-Nord, la distribuzione territoriale dei soggiornanti di lungo periodo non coincide completamente con quella dei soggiornanti con permesso con scadenza.
Le regioni che registrano le incidenze più elevate di soggiornanti di lungo periodo sono, nell’ordine: Trentino-Alto Adige, Veneto e Marche che si collocano tutte oltre il 50%. Non sono le grandi province a registrare le quote più elevate, ma province come Bolzano, Biella, Pistoia, Sondrio e Gorizia, dove la quota di soggiornanti di lungo periodo raggiunge il 60%. Nelle province di Roma, Napoli e Firenze tale incidenza è molto contenuta rispetto alla media. Anche Milano con il 43,4% si colloca sotto la media nazionale.
La Lombardia è la regione che registra il maggior numero di presenze di lungo periodo, tranne che nel caso degli ucraini, per i quali assume maggior rilievo la Campania, dove si trova un nucleo storico di presenza ucraina emerso in gran parte con la regolarizzazione avvenuta tra il 2003 e il 2004.
La regione che accoglie il numero maggiore di soggiornanti di lungo periodo cinesi è la Lombardia, mentre, nel caso dei permessi con scadenza, è la Toscana a registrare il maggior numero di presenze. In questo caso si può pensare che nel territorio toscano le dinamiche migratorie che interessano la collettività cinese siano particolarmente vivaci e che, quindi, ci sia un costante ricambio di popolazione sul territorio.
Considerando i soli permessi con scadenza, le presenze per motivi di lavoro si attestano al 55,6%, mentre il 36,4% dei cittadini non comunitari è presente in Italia per motivi di famiglia. Differenti sono le situazioni per i due generi: per gli uomini il lavoro è la motivazione nettamente prevalente (63,7% dei casi), mentre solo il 27,4% è presente per motivi di famiglia. Per le donne le due motivazioni si equivalgono, attestandosi entrambe intorno al 46%.
In Italia durante il 2010 sono stati rilasciati circa 600 mila nuovi permessi di soggiorno: di questi, circa 22 mila sono permessi stagionali per lavoro.
Le prime cinque collettività per numero di ingressi sono le stesse che hanno il primato per numero di presenze: tuttavia, le due graduatorie non coincidono perfettamente poiché tra i nuovi ingressi guadagnano terreno la Cina e l’Ucraina. Sono le collettività tra il quinto e il settimo posto in termini assoluti a far registrare la dinamica più accentuata: per Moldavia, India e Pakistan si registra il valore più elevato tra il numero di nuovi ingressi e il totale dei soggiornanti (rispettivamente 29,8%, 26,7% e 23,0%), evidenziando una dinamica che trova conferma anche nelle variazioni registrate nello stock di popolazione. Il Pakistan, il settimo paese di provenienza dei flussi, è il tredicesimo nella graduatoria dello stock di soggiornanti. Si tratta di una collettività che, negli ultimi anni, ha visto crescere notevolmente la sua presenza in Italia passando da quasi 52 mila soggiornanti al 1° gennaio 2008 a oltre 90.000 nel 2011. Le Filippine, invece, pur figurando tra i primi dieci paesi per numero di cittadini presenti, non si ritrovano tra i primi dieci paesi per numero di nuovi ingressi. La crescita dei filippini, infatti, è stata, nello stesso periodo, più contenuta, sia in termini assoluti sia in termini relativi, passando da 105.676 presenze al 1° gennaio 2008 a 136.597 nel 2011

Anche per i flussi il rapporto tra i sessi è abbastanza equilibrato nel totale e differenziato all’interno delle diverse collettività. Considerando i primi dieci paesi per numero assoluto di ingressi, si va dal valore minimo del 19,9% di donne sul totale dell’Egitto fino all’81,2% dell’Ucraina. Per quest’ultimo paese di provenienza il valore non è dissimile da quello che si registra per il totale dei soggiornanti, segnale del fatto che non sono al momento in atto inversioni di tendenza che porteranno a breve a un riequilibrio, come successo per altre collettività in passato. Interessante notare che anche nel caso di alcune collettività con spiccati squilibri di genere, come quella pakistana, si registra una consistente quota di minori sia nello stock sia nei flussi in ingresso.
Il 60% dei nuovi permessi è stato rilasciato per motivi di lavoro; il 29,90% per motivi di famiglia. Le quote variano notevolmente secondo le collettività considerate. Per l’Ucraina la quota di persone entrate con un permesso di lavoro sfiora l’83%, mentre per l’Albania molte delle nuove presenze sono motivate da ricongiungimento familiare: il 49,6% dei nuovi arrivi è per motivi di famiglia, il 44,3% per lavoro.
Per motivi di lavoro arriva anche una quota consistente di cittadini stranieri dal Bangladesh, dall’India, dal Perù e dalla Moldova: per le quattro collettività i motivi di lavoro superano il 70%.
Le persone che hanno avuto un nuovo permesso di soggiorno nella maggior parte dei casi (oltre il 62%) potranno restare sul territorio italiano per più di dodici mesi, in particolare si sottolinea che per Ucraina e Perù la percentuale raggiunge il 73%. Per India (40%) e Pakistan (35%) si registrano le quote maggiori di permessi di breve durata (da 6 a 12 mesi), mentre sono Albania e Moldova a far registrare la percentuale più rilevante di permessi di brevissima durata (inferiore a 6 mesi), entrambi con una quota di poco superiore al 10%.
Oltre 22.400 stranieri non comunitari sono entrati in Italia con un permesso di lavoro stagionale: il 3,7% sul totale dei nuovi ingressi. Nel 18,9% dei casi erano marocchini, per il 18,3% albanesi, il 15% indiani, un altro 14,9% moldavi.
Il peso del lavoro stagionale è naturalmente diverso secondo le collettività considerate. I lavoratori stagionali hanno grande rilevanza per i flussi da India (9,1%), Albania (8,5%), Moldova (7,9%) e Marocco (6,5%). Per gli albanesi, in particolare, il lavoro stagionale rappresenta il 19,1% dei permessi rilasciati per lavoro.
Per quanto concerne la distribuzione territoriale delle nuove presenze, le aree del Centro-nord restano senza dubbio le più attrattive in termini assoluti. Se si rapportano, però, i nuovi permessi allo stock di popolazione non comunitaria presente sul territorio, si può notare come l’incidenza dei nuovi permessi sia particolarmente elevata nel Mezzogiorno e soprattutto in Campania, Calabria e Sicilia. I territori del Mezzogiorno si configurano quindi come “porte” di ingresso verso il nostro Paese, ma nel tempo non sono in grado di trattenere la presenza straniera che si stabilizza in altre aree.

Il lavoro stagionale orienta verso aree specifiche, ma diffuse tra le diverse ripartizioni, in particolare verso alcune aree a forte vocazione turistica (province come Rimini, Forlì-Cesena, le province del Trentino Alto Adige), così come aree in cui sono diffuse coltivazioni che richiedono manodopera stagionale (di nuovo le province del Trentino Alto Adige, ma anche Latina e Foggia).
Due sono gli aspetti che sembrano poter sintetizzare il modello migratorio e d’inserimento seguito dalle diverse collettività: il paese di cittadinanza e il territorio d’insediamento. Dal punto di vista del territorio, utilizzando alcuni degli indicatori che sono stati proposti nei paragrafi precedenti, è possibile individuare un primo gruppo di province con spiccate caratteristiche di stabilità e “familiarità” della presenza straniera. Sono soprattutto province del Nord e del Centro, in cui sono elevate le quote di soggiornanti di lungo periodo, di minori e di permessi per motivo di famiglia.
Un altro gruppo di province si distingue per un’elevata dinamica migratoria e un forte squilibrio di genere a vantaggio delle donne. Si tratta soprattutto di province del Mezzogiorno che fanno registrare un’elevata quota di ingressi sul totale dei regolarmente soggiornanti e un’accentuata femminilizzazione della presenza. Come già detto, l’elevato ammontare della quota di nuovi ingressi sulla presenza stabile fa pensare a un ricambio continuo di popolazione.
In generale, quindi, si mette in luce per le grandi province un’immigrazione stratificata, per cui, accanto a cittadini non comunitari ormai stabili sul territorio, si affiancano nuovi arrivati, spesso con caratteristiche differenti. Per molte province del Centro-nord sembra avviato un processo di stabilizzazione sul territorio delle collettività immigrate. Il Mezzogiorno resta un’area dinamica in cui è difficile rintracciare caratteristiche di stabilizzazione, almeno in senso tradizionale.
Per quanto concerne le collettività si può individuare un modello mediterraneo (area balcanica e maghrebina) – caratterizzato da stabilizzazione e consolidamento familiare – e un modello, per le cittadinanze dell’Est Europa e dell’America Latina, sbilanciato al femminile, con un’età media più elevata e caratterizzato da maggiore dinamica.
Il quadro di sintesi per le collettività, tuttavia, mette in luce che esistono modelli migratori assai diversificati con conseguenti e spiccate caratteristiche differenziali sia per i flussi che per gli stock di popolazione presente sul territorio. In particolare, le collettività dell’Est Europa sembrano seguire un percorso molto peculiare per caratteristiche e dinamiche messe in atto.

 

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