Dove si guadagna (e si cresce) poco
I Paesi dell’Unione europea producono sempre meno. Questo è quanto emerge dall’analisi del rapporto sull’occupazione stilato dalla Commissione europea. La produttività, spiega lo studio, è frutto di una crescita debole o negativa registrata nei diversi Paesi dell’Unione. Il risultato peggiore, purtroppo, è quello dell’Italia, dove è stato rilevato il calo più accentuato: -2,8% nell’ultimo trimestre 2012, dopo il calo ancora più forte del 3% del precedente trimestre.
Inoltre, e come se non bastasse, il rapporto assegna all’Italia un altro primato decisamente negativo: il nostro Paese, infatti, è quello tra i più grandi d’Europa, dove la disoccupazione nell’ultimo trimestre 2012 ha avuto un incremento maggiore rispetto al trimestre precedente (+0,5%), seguono Polonia (+0,3%), Spagna (+0,1%) e Francia (+0.1%).
Secondo quanto rileva il rapporto, nel mese di gennaio, la disoccupazione è aumentata ulteriormente anche nell’Unione europea a 27, arrivando a quota 26,2 milioni di persone (19 milioni nell’area euro), pari al 10,8% della popolazione economicamente attiva (11,9% nell’eurozona). Cresce anche il divario tra il tasso di disoccupazione tra il Sud e il Nord della zona euro, che ha raggiunto il 10% nell’ultimo anno. Ad una disoccupazione crescente, si accompagna una contrazione del Pil dell’Unione europea pari allo 0,5% nel quarto trimestre del 2012, il dato peggiore mai registrato dall’inizio del 2009. Diminuisce anche l’occupazione complessiva, calata nel 2012 dello 0,4%.
Le economie della zona euro faticano molto e le conseguenze peggiori ricadono anche e soprattutto sui nuclei familiari. In Italia, sottolinea il rapporto, è aumentata la percentuale della popolazione “in difficoltà economica”. “Lo stress economico – rileva la Commissione europea – ha avuto ripercussioni in Bulgaria, Cipro, Irlanda, Portogallo, Grecia, Spagna e soprattutto Italia, dove è salita al 15% la popolazione in difficoltà economica”. “Una famiglia su quattro a basso reddito fatica – rileva Bruxelles – a coprire le spese quotidiane e lo stress finanziario ha continuato a salire negli ultimi mesi”.
Tra tutti i Paesi industrializzati, l’Italia è uno di quelli con i salari più bassi: con un valore medio di 25.303 dollari (salario netto) nel 2012. Il dato italiano risulta essere al di sotto della media Ocse, che si attesta a 28.090 dollari. Sui i 34 Paesi dell’area Ocse, l’Italia è ferma alla posizione numero 22.
Ma se i salari percepiti dai lavoratori italiani sono al di sotto della media Ocse, discorso diverso per il costo del lavoro in Italia, pari a 48.292 dollari e in aumento rispetto al 2011 (quando era pari a 47.808 dollari), è superiore alla media Ocse, che è di 44.626 dollari e vede in questo caso la Penisola a metà classifica, al 17esimo posto.
L’Italia al sesto posto, infine, per il peso del cuneo fiscale sui salari. Secondo l’organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico il peso delle tasse sulle retribuzioni dei single è pari al 47,6%, circa otto punti in meno rispetto al primo in classifica. Sul podio arriva infatti il Belgio con il 56% delle tasse pagate sullo stipendio, seguito dalla Francia (50,2%) e dalla Germania (49,7%). In media il peso del fisco sul lavoro, tra i 34 paesi Ocse, si attesta al 35,6%.
L’Italia fatica quindi più di altri nell’affrontare la crisi economica e l’attuale situazione politica non è certo di aiuto. Serve correre ai ripari, trovare un esecutivo e passare subito all’attuazione di un programma politico e di riforme che aiuti il Paese a tornare presto a crescere.