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Al via il programma di privatizzazioni

Le scelte del governo Letta
di Giampiero Francesca

letta_saccomanniDodici miliardi per ridurre il debito. Con grande enfasi e fiducia sono state rilanciate, da tutti i media, le parole del presidente del Consiglio Enrico Letta in merito ad un primo pacchetto di privatizzazioni che dovrebbero portare ad una riduzione del debito pubblico di circa sei miliardi di euro. I dubbi della Commissione europea, ben esplicitati dal ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni, hanno infatti portato il governo ad un’accelerazione sulle riforme in materia di privatizzazioni, già annunciate a luglio, ed ora, celermente, portate alla luce. Ma in cosa consiste, concretamente, questo progetto? Quali partecipazioni e in che misura saranno tagliate? Le stesse parole del presidente del Consiglio possono essere un punto di partenza per questa analisi: “Abbiamo intenzione di intervenire su alcune partecipazioni, dirette ed indirette, con la cessione di quote non di controllo tranne che per SACE e la parte commerciale di Grandi Stazioni”. Circa il 60% del gruppo assicurativo e della Società per azioni che gestisce le tredici grandi stazioni ferroviari sarebbe dunque sacrificabile per abbassare il nostro pesantissimo debito pubblico. Si rinuncerebbe così alla quota di controllo di aziende strutturalmente piccole, ma con un ruolo importante per il panorama italiano, e, soprattutto, con una situazione economico-finanziaria in ordine. A Grandi Stazioni è infatti affidata la gestione e la riqualificazione di grandi centri nevralgici come Milano centrale, Napoli centrale, Roma Termini e Tiburtina per un totale complessivo di 1.500.000 metri quadri di beni immobiliari, attraversati annualmente da 600 milioni di persone. Una realtà, quella di Grandi Stazioni, che ha investito, nel 2012, 45 milioni di euro, con ricavi per 200 milioni e utili netti per 21 milioni. Cifre non enormi ma che dimostrano comunque, in un periodo di ben nota crisi, la tenuta dell’azienda sul mercato. Ancora più significativa, da questo punto di vista, è la situazione di SACE. Il gruppo SACE offre infatti servizi di export credit, assicurazione del credito, protezione degli investimenti all’estero e operazioni finanziarie. In concreto, la società presieduta da Giovanni Castellaneta, assicura gli esportatori, garantisce i finanziamenti alle imprese per attività di internazionalizzazione e per progetti strategici per l’Italia, come infrastrutture e energie rinnovabili. Nel 2012, ad esempio, SACE ha garantito finanziamenti per Telecom (15,6 milioni per servizi e forniture per la comunicazione interna), Wind (101 milioni per l’acquisto di frequenze 4G), Astaldi (225 milioni per l’ampliamento e l’ammodernamento dell’aeroporto di Pulkovo in Russia) e Fincantieri (648,2 milioni per l’acquisto di navi da crociera). Come per Grandi Stazioni, anche il gruppo assicurativo ha prodotto, nel 2012, utili netti pari a 255,1 milioni di euro, con un aumento, rispetto all’anno precedente del 39% (nonostante, nel 2011, avesse ottenuto un utile netto di 184 milioni di euro, +5,4% su base annua, anche al cospetto di mercati altamente instabili ed una generale crisi nell’eurozona). Riponendo dunque la massima fiducia nell’operato del governo viene comunque da chiedersi se, nell’avviare una manovra di privatizzazione, fosse il caso di partire proprio da realtà piccole ma economicamente e strategicamente così salde. Accanto a queste operazioni saranno comunque previste “cessioni di quote non di controllo” pari al 40% di ENAV (società responsabile della fornitura dei servizi del traffico aereo in Italia) e Fincantieri (uno dei più importanti complessi cantieristici navali d’Europa), il 50% di CdP Reti e al 3% di ENI. Nel caso dell’Ente nazionale idrocarburi però, grazie ad un’operazione di buyback (l’operazione di riacquisto di azioni proprie da parte di una società per azioni, tale per cui, ENI ricomprerebbe i suoi titoli dal Tesoro) lo Stato manterrà oltre il 30% delle quote, pur ricavando, secondo le stime del ministero, circa due miliardi.

 

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