Tagli per ministeri ed enti locali
Quella che il Consiglio dei ministri dovrà approvare mercoledì è una manovra “espansiva”, così come viene presentata nelle intenzioni dal governo. Il valore complessivo della Legge di stabilità dovrebbe aggirarsi attorno ai 24 miliardi di euro e prevede un contributo di ministeri ed enti locali, per un totale all’incirca di 10 miliardi in tagli. Tre o quattro dagli enti locali, cinque o sei dai ministeri. Per quanto riguarda gli enti locali lo sforzo potrebbe essere compensato dall’alleggerimento del Patto di stabilità interno ai Comuni (anche qui, la cifra stimata è di un miliardo e mezzo). E per quanto riguarda le Regioni – il cui contributo sarà di tre miliardi di euro, più o meno – il rischio paventato è che qualche taglio possa avvenire proprio nel comparto sanità, che però dovrebbe pesare per non più di 700 milioni. Si torna così al concetto di revisione di spesa che fu tanto evocato qualche esecutivo fa.
Revisione che però non dovrebbe contemplare i dipendenti, piuttosto i dirigenti pubblici ai quali – stando alle indiscrezioni a mezzo stampa – verrà probabilmente tagliato il 3% dello stipendio. Già ai tempi dello studio sulla spending review del commissario Carlo Cottarelli era stata ipotizzata una sforbiciata al personale, con un sostanzioso blocco del turnover. Con la riforma Madia si è proceduto ad un “mini” blocco secondo cui le amministrazioni possono procedere ad assunzioni che non superino il 20% delle spese sostenute per quanti sono usciti nel 2014. La percentuale si alza al 40% nel 2015 per arrivare al 100% nel 2018. In generale la spesa per il pubblico impiego in Italia pesa per l’11,1% del Pil, quando in Danimarca è al 19,2%, in Francia al 13,4%, in Spagna all’11,9% e in Gran Bretagna all’11,5%. E l’Italia è l’unico Paese ad avere ridotto (-4,7%) il numero dei dipendenti pubblici (nella media europea, al contrario, sono cresciuti del 5,1%.
Il lavoro pubblico (inteso come personale stabile, dati del ministero dell’Economia aggiornati al 2012) interessa principalmente i comparti scuola (28,75%), sanità (servizio sanitario nazionale, 22,13%). I ministeri “occupano” il 5,29% e le regioni ed autonomie locali il 15,92%.