L’economia cinese rallenta?
E pensare che non molti giorni fa il Fmi aveva auspicato “un moderato rallentamento” dell’economia cinese. Secondo le stime del Fondo monetario internazionale, il Pil della Cina dovrebbe crescere del 7,4% nel 2014 e del 7,1% nel 2015. “La Cina continuerà a crescere vigorosamente, ma un moderato rallentamento è auspicabile, così come le riforme di cui ha bisogno”, la chiosa del Fmi. Intanto sono usciti i dati trimestrali, per cui il Pil chiude l’ultimo periodo di riferimento a +7,3%, sopra le attese degli analisti (+7,2%), ma sotto il 7,5% del secondo trimestre. Il dato, in effetti, è ai minimi dal primo trimestre del 2009 e per quanto riguarda le singole componenti è il mercato immobiliare ad avere segnato il peggiore rallentamento. Le vendite al dettaglio hanno invece rallentato con un +11,6% su base annua (le attese l’attestavano all’11,8%), in calo dalla precedente rilevazione (11,9%).
Ora, Pechino aveva posto come obiettivo annuale il raggiungimento del tasso di crescita dell’economia al 7,5%, traguardo confermato di recente dal premier Li Xeqiang. Il surplus della bilancia commerciale cinese si è attestato a 31 miliardi di dollari. A settembre l’export ha registrato un aumento del 15,3%, a 213,7 miliardi di dollari. Le importazioni sono invece cresciute del 7%, a 182,7 miliardi di dollari. Nel breve periodo quella cinese resta comunque un’economia in buona salute, ma secondo il rapporto dell’associazione Conference Board subirà un rallentamento costante attestandosi ad una crescita media del 3,9% dopo il 2020.
Ad agosto, stando ai recenti dati diffusi dal ministero del Commercio con l’estero, gli investimenti esteri sono scesi del 14,7%, a 7,2 miliardi di dollari. Finora erano stati, invece, il punto di forza della Cina. Approfittando della crisi, infatti, la Cina è riuscita a inrodursi in diversi settori del mercato occidentale rilevando diverse società in difficoltà (pensiamo, ad esempio, all’agroalimentare in Italia) e ad ogni modo la crescita cinese è stata in questi anni sostenuta più dagli investimenti all’estero che non dalla domanda interna. D’altro canto, e a dirlo è stato il vicedirettore del Consiglio di Stato cinese, Zheng Wenkai: oltre 82 milioni di cinesi hanno un reddito massimo di un dollaro al giorno. La capacità delle aziende cinesi di estendere anche fuori dai confini nazionali la propria utenza non è elemento di poco conto, soprattutto i colossi digitali da Alibaba a WeChat del gruppo Tencent Holdings.
Pechino intende giocare la sua partita nei mercati esteri su più fronti. E le tensioni geopolitiche non sembrano, al momento, essere un grosso ostacolo. Almeno nelle parole di Putin (la Russia è tra i principali fornitori di energia alla Cina), che ha consolidato i rapporti di amicizia tra i due paesi. Visto il momento, convenienti tanto per Mosca quanto per Pechino.