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L’auto ora affonda, ma resta un settore fondamentale

Fondazione Ergo ricorda che l’automotive «rappresenta quasi il 6% del Pil italiano e dà lavoro a 250.000 persone». Cosa cambierà con il graduale passaggio all’elettrico

di Redazione

La produzione industriale ha registrato importanti cali negli ultimi tempi, anche se ha registrato lievi rialzi nei primi due mesi dell’anno (a febbraio, secondo l’Istat, l’indice congiunturale ha messo a segno un +0,8%). Il crollo, però, continua a interessare il settore dell’auto. La produzione italiana di autoveicoli a febbraio, infatti, è diminuita del 10% rispetto allo stesso mese del 2018. E nella media dei primi due mesi dell’anno la flessione tendenziale è del 13,8%. Eppure bisogna ricordare – come fa la Fondazione Ergo nello studio Perché l’Italia deve puntare sull’industria dell’auto – che l’auto ha guidato la crescita del Pil italiano fra il 2014 e il 2017, anche se ora «dà segnali d’affanno». Parliamo in ogni caso di un settore che «rappresenta quasi il 6% del Pil italiano e dà lavoro a 250.000 persone» e che, su scala globale, si stima un aumento della produzione d’auto del 25-30% nel prossimo decennio. «La trasformazione tecnologica del prodotto – spiega la Fondazione Ergo – sarà guidata dai consumatori cinesi, ma creerà nuove filiere per la nostra componentistica che già vanta un attivo commerciale di cinque miliardi annui».

Ci sono spunti interessanti nell’indagine della Fondazione Ergo che vale la pena sottolineare. «L’evoluzione del settore verso l’elettrificazione, l’automazione e la condivisione delle auto future – viene spiegato – sarà guidata soprattutto dai consumatori cinesi che sono più aperti a queste soluzioni degli automobilisti europei ed americani»; «i venti di crisi della componentistica italiana si spiegano anche con il brusco calo della produzione tedesca. Nel 2018, la Germania ha prodotto ben 500.000 vetture in meno sul 2017. Il calo si è concentrato quasi tutto nel quarto trimestre» e a tale proposito va ricordato anche che «l’Italia è l’unico paese europeo, oltre alla Germania, capace di esportare grandi quantità d’auto verso gli Stati Uniti, che assorbono ogni anno circa 150.000 veicoli prodotti in Italia per un valore di 4,5 miliardi».

L’Italia importa auto per 11 miliardi di euro in più di quanto ne esporti, un deficit parzialmente compensato dai cinque miliardi di attivo assicurati dai componenti. In ogni caso resta, come già dicevamo all’inizio, un cmparto fondamentale per la nostra economia. Oltre ai livelli occupazionali, l’indagine ricorda ancora che gli investimenti fissi lordi del settore valgono il 14% di quelli dell’industria manifatturiera. Gli investimenti in Ricerca e Sviluppo ammontano a 1,7 miliardi di euro (13% della spesa in R&S nazionale e il 18,8% della spesa dell’industria manifatturiera), la competitività del settore è superiore rispetto a quella della manifattura in genere.

C’è, o meglio, ci sarà, da fare i conti con un segmento del mercato in evoluzione, quello, cioè, dell’elettrico. Che tuttavia, nei fatti, ancora non esiste perché troppo ristretto. Quali sono, allora, le previsioni al riguardo? «Secondo l’Amma, Associazione delle industrie Meccaniche e Meccatroniche – ricorda Fondazione Ergo –, quando (e se) il mercato dell’auto si sposterà su modelli solo elettrici (ammesso che sia ipotizzabile considerare come intermedia la fase di diffusione dei modelli ibridi), la quota di ingranaggi venduti dovrebbe crollare rispetto ai livelli attuali, come anche la produzione di frizioni, cambi, differenziali, alberi di trasmissione. Sono destinati ad aumentare, invece, i sistemi robotizzati di produzione».

 

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