La condizione dei Neet in Italia
Nel 2020 sono due milioni e 100mila i giovani di 15-29 anni non più inseriti in un percorso scolastico o formativo e neppure impegnati in un’attività lavorativa, secondo le stime Istat
di Redazione
Nel 2020 sono due milioni e 100mila i giovani di 15-29 anni non più inseriti in un percorso scolastico o formativo e neppure impegnati in un’attività lavorativa (i cosiddetti NEET, Neither in Employment nor in Education and Training), pari al 23,3% dei giovani di questa fascia di età in Italia (in aumento rispetto al 22,1% del 2019) e a circa un quinto del totale dei NEET europei. La probabilità di essere NEET risente fortemente delle condizioni del contesto socioeconomico, familiare e culturale di appartenenza, osserva l’Istat nel Rapporto annuale 2021.
L’incidenza, spiega ancora l’Istat, è maggiore tra gli stranieri (35,2% contro 22,0% degli italiani), nel Mezzogiorno (32,6% contro 16,8% nel Nord), tra le donne (25,4% contro 21,4% degli uomini) e aumenta con l’età (31,5% tra 25-29 anni contro 11,1% tra 15-19 anni). Al netto di chi è in coppia, la componente maschile dei NEET diventa prevalente (60% tra gli stranieri e 56% tra gli italiani).
Tra i giovani che si trovavano nella condizione di NEET nel 2019, sette su dieci lo sono ancora 12 mesi dopo. La permanenza nello stato di NEET, in aumento di 4 punti percentuali rispetto al 2018-2019, presenta valori più elevati per le donne (71,6%), nel Mezzogiorno (76,2%), per chi ha un titolo di studio basso (78,0%) e per gli stranieri (79,7%). Contemporaneamente diminuiscono i NEET che dopo 12 mesi sono occupati (20,9 su 100 NEET iniziali nel 2018-2019, 17,8 nel 2019-2020).
La transizione dalla condizione di occupato o studente a quella di NEET (11% degli occupati o studenti iniziali) è più frequentemente associata a fattori di fragilità strutturale come il basso capitale umano, la residenza nel Mezzogiorno, la cittadinanza straniera e il genere femminile.
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