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La struttura del costo del lavoro in Italia

Pesano i contributi, ma nel nostro paese è più basso della media dell’Eurozona

di Redazione

Nel 2020, il costo del lavoro, vale a dire – come da definizione Istat – il complesso delle spese sostenute dai datori di lavoro per impiegare lavoro dipendente, è stato in media pari a 41.081 euro per dipendente: il 72% è rappresentato dalle retribuzioni lorde (in media 29.591 euro), il 27,7% dai contributi sociali a carico del datore di lavoro (in media 11.366 euro) e lo 0,3% dai costi intermedi connessi al lavoro (in media 123 euro) che includono anche le spese di formazione professionale, pari allo 0,2%.

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Il costo del lavoro più basso – rileva l’Istat nel report La struttura del costo del lavoro in Italia  – Anno 2020 – si registra nelle Costruzioni, per effetto soprattutto del basso livello delle retribuzioni lorde, quello più alto nell’Industria in senso stretto. Il costo del lavoro per ora lavorata è pari in media a 29,4 euro ed è la somma di 21,2 euro di retribuzione lorda, 8,1 euro di contributi sociali e 0,1 euro di costi intermedi. Il costo orario più elevato si rileva nel settore degli Altri Servizi (32,1 euro di cui 23,4 di retribuzioni lorde), mentre il valore minimo in quello delle attività di Noleggio, agenzie di viaggio, servizi di supporto alle imprese (18,8 euro), dove anche la retribuzione lorda per ora lavorata (13,5 euro) è la più bassa. I settori che registrano l’intensità di lavoro massima, misurata in termini di ore annualmente lavorate per dipendente, sono Costruzioni (1.557) e Industria in senso stretto (1.512).

La componente principale del costo del lavoro è la retribuzione lorda. Quest’ultima – spiega ancora l’Istat – è data dalla retribuzione in denaro, che rappresenta il 71,3% del costo del lavoro, e dalla componente in natura, residuale, che ammonta allo 0,7% del costo del lavoro, per un importo medio pari a 284 euro. La retribuzione lorda in denaro può essere a sua volta distinta in: importi ricorrenti, erogabili in ogni periodo di paga (22.744 euro, pari al 55,4% del costo del lavoro); importi non ricorrenti, erogati solo in alcune occasioni, quali mensilità aggiuntive o premi annuali (3.856 euro, pari al 9,4%); remunerazioni per ore non lavorate ma retribuite dal datore di lavoro, come ferie, festività o permessi (2.700 euro, il 6,6%). 

La seconda componente del costo del lavoro sono i contributi sociali, che ne rappresentano il 27,7%, e sono costituiti da: contributi obbligatori per legge (8.668 euro, il 21,1%); contributi volontari e contrattuali (155 euro, lo 0,4%); accantonamenti del trattamento di fine rapporto (TFR) (1.521 euro, il 3,7%); contributi sociali figurativi (1.023 euro, il 2,5%). I costi intermedi connessi al lavoro rappresentano infine una quota residuale, pari a 123 euro (lo 0,3%). Il rapporto tra contributi sociali e retribuzione annuale indica che, mediamente, l’ammontare dei contributi sociali complessivi è pari a 38,4 euro ogni 100 euro di retribuzione lorda. La struttura del costo del lavoro varia però a seconda del settore di attività economica, della classe dimensionale dell’unità economica e della ripartizione geografica. L’incidenza della retribuzione lorda (inclusa la componente in natura) passa infatti dal 69,3% nelle Costruzioni al 76,1% nelle Attività artistiche, sportive, di intrattenimento e divertimento; pesa il 71,7% per le unità economiche che hanno tra 50 e 249 dipendenti (72,3% tra quelle con almeno 1.000 dipendenti), mentre sul territorio è pari al 72,3% nel Centro e nelle Isole e scende al 71,7% al Nord-est.

 

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