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Le donne nel mercato del lavoro italiano

Permangono i divari di genere, mentre l’evento maternità rappresenta ancora oggi una causa strutturale della caduta della partecipazione femminile

di Redazione

A seguito della nascita di un figlio, quasi una donna su cinque (18%) tra i 18 e i 49 anni non lavora più, dato che si associa al 32% di permanenza al di fuori del mercato del lavoro (cioè le donne che non lavoravano prima, né dopo), mentre il 43,6% evidenzia una continuità lavorativa. A tenere lontane le donne dal ritorno (o dall’ingresso nel mercato del lavoro) è, prima causa, la conciliazione tra lavoro e cura (52%), seguita dal mancato rinnovo del contratto o licenziamento (29%) e da valutazioni di opportunità e convenienza economica (19%). I dati emergono dall’indagine Inapp Rapporto Plus 2022. Comprendere la complessità del lavoro, presentato il 7 marzo 2023 e contenente dati utili a comprendere il complesso della situazione occupazionale femminile, riflessione che in tutta evidenza non può valere nella sola Giornata internazionale della donna

Foto di KOBU Agency su Unsplash

Nella parte relativa agli Squilibri di genere del Rapporto Plus 2022 si presta attenzione alla relazione maternità-partecipazione al mercato del lavoro. Al riguardo l’indagine osserva il segmento di donne under 50 con almeno un figlio e il tipo di effetto che l’evento maternità ha avuto, appunto, sulla partecipazione al mercato del lavoro. Come abbiamo visto all’inizio l’evento maternità ha determinato un 18% di fuoriuscita dall’occupazione, oltre che una ridotta quota di nuovi ingressi (7%). 

Si tratta di uno scenario – si osserva nel rapporto – in cui la tipologia familiare ha una sua rilevanza. La condizione di monogenitorialità, ad esempio, rispetto alla condizione di coppia, presenta un’incidenza maggiore nel caso della fuoriuscita dall’occupazione (23% contro 18%); al contrario però, le donne in coppia mostrano una maggiore permanenza nel non lavoro prima e dopo la nascita dei figli rispetto al nucleo monogenitoriale (32% contro 20%).

Le transizioni hanno però caratteristiche diverse anche a seconda della classe di età. Analizzando, per ogni classe di età la distribuzione delle tipologie di transizione emerge che la continuità lavorativa (L-L) è direttamente proporzionale all’età e quindi le fasce più giovani presentano la quota minore; al contrario la fuoriuscita dall’occupazione è inversamente proporzionale all’età, quindi più consistente nelle classi giovanili e in calo all’aumento dell’età anagrafica. La condizione di permanenza nel non lavoro (NL-NL) appare stabile, poiché poggia su scelte «di carattere esogeno rispetto alle caratteristiche delle donne». Per oltre il 52%, spiega ancora l’Inapp, si tratta di esigenze di conciliazione, liberamente determinate, mentre il 19% collega la fuoriuscita ad una valutazione di carattere economico e di costo opportunità. Si segnala, inoltre, che un terzo delle donne afferma di non lavorare più dopo la maternità a motivo di non rinnovo o di licenziamento.

Rispetto al titolo di studio, si evidenzia che tra le laureate è maggiormente presente la motivazione della libera scelta, mentre il licenziamento o il mancato rinnovo del contratto ha un peso maggiore tra le meno istruite. Considerando nel complesso tutte le donne che lavoravano prima e non lavorano più dopo la maternità, da un punto di vista reddituale, oltre il 70% guadagnava meno di 25 mila euro lordi annui e poco più di un terzo meno di 15 mila. «In questo scenario – osserva l’Inapp nel rapporto – è lecito collocare una riflessione sul tema dell’incidenza economica di questa fuoriuscita. Siamo pertanto di fronte ad un reddito, prevalentemente, non adeguato che va parametrato, per coloro che vivono in coppia, anche rispetto alla condizione dell’altro partner. Di tutte le donne che dopo la maternità, a vari motivi smettono di lavorare, il 75% ha un partner che lavora con un contratto dipendente a tempo indeterminato». 

Divari di genere

Nel complesso, tuttavia, i divari di genere all’interno del mercato del lavoro italiano si registrano al di là della sola condizione legata all’evento maternità. Osservando gli ultimi dati Istat su occupati e disoccupati di gennaio 2023, si osserva una differenza netta tra uomini e donne sia in termini assoluti sia in termini percentuali. Il tasso di occupazione tra gli uomini di 15-64 anni si attesta al 69,7%, mentre per le donne è al 51,9%. Di contro anche i tassi di disoccupazione e di inattività descrivono gli squilibri a sfavore delle donne. Il tasso di disoccupazione tra gli uomini si colloca al 6,7%, mentre è al 9,5% tra le donne. Allo stesso modo quello di inattività passa dal 25,2% degli uomini al 42,6% delle donne.

 

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