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Cresce il numero di diplomati e laureati, ma Italia ancora lontana da media europea

Nel 2022 tornano ad aumentare i bambini che frequentano i servizi educativi per l’infanzia. L’indicatore sulla lettura di libri e quotidiani presenta un continuo calo dal 2010

di Redazione

Istruzione e formazione è uno dei domini in peggioramento, secondo il Rapporto BES 2022 sul benessere equo e sostenibile in Italia dell’Istat. Nello specifico l’Istituto osserva che i livelli di istruzione della popolazione, così come la partecipazione alla formazione, mostravano nel 2019 alcuni miglioramenti e qualche stabilità rispetto agli anni precedenti, ma la pandemia ha portato una battuta d’arresto in quasi tutti gli indicatori. Nel 2021 si cominciano a osservare i primi segnali di ripresa, che per alcuni indicatori si sono consolidati nel 2022. Nel 2021 si iscrivono al nido il 29,5% dei bambini di 0-2 anni (erano il 28% nel 2019); tra i 25 e 64enne coloro che partecipano alla formazione continua sono il 9,9% (erano il 8,1% nel 2019); i ragazzi tra 18 e 24 anni che non sono più inseriti in un percorso di istruzione e formazione sono il 12,7% (erano il 13,3% nel 2019). Nel 2022 si aggiungono i segnali positivi delle persone di 25-64 con almeno il diploma che sono il 63% (erano 62,3% nel 2019). La quota di giovani laureati o con altri titoli terziari (27,4% nel 2022), la quota di persone che hanno partecipato a due o più attività culturali fuori casa (23,1% nel 2022) e la percentuale di coloro che fruiscono delle biblioteche (10,2% nel 2022) tornano a crescere nel 2022, ma non riescono a tornare ai livelli del 2019. Particolarmente preoccupante, invece, prosegue l’Istat, l’indicatore sulla lettura di libri e quotidiani che presenta un continuo calo dal 2010: nel 2022 il 35,9% delle persone di sei anni e più leggono quattro o più libri all’anno e/o leggono quotidiani con una frequenza di tre o più volte la settimana; la quota era del 36,6% nel 2021, del 38% nel 2019 e del 44,4% nel 2010. 

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Nell’anno educativo 2020/2021 sono stati attivi sul territorio nazionale 13.542 servizi per la prima infanzia, con oltre 350 mila posti autorizzati. Per il complesso dei servizi educativi la percentuale di copertura dei posti rispetto ai residenti tra 0 e 2 anni di età è rimasta stabile al 27,2% del 2020/2021, ancora lontana dal parametro del 33% fissato dall’UE. La partecipazione dei bambini ai servizi educativi per la prima infanzia – aggiunge l’Istat – ricalca la geografia delle disponibilità delle strutture sul territorio italiano con ampi ritardi nel Mezzogiorno, ad eccezione della Sardegna. Dopo la battuta d’arresto del biennio 2020-2021, la partecipazione alla formazione nella primissima infanzia riparte nel 2022 in quasi tutte le regioni. Nel triennio 2020-2022 il 29,5% dei bambini tra 0 e due anni frequentano i servizi per l’infanzia (1,5 punti percentuali in più rispetto al triennio 2019-2021). Alcune regioni raggiungono un’utenza più che doppia rispetto a dieci anni prima (Puglia, Campania, Piemonte, Molise, Abruzzo e Sicilia); in altre si osserva un incremento particolarmente accentuato nel 2022 (Piemonte, Trentino Alto Adige, Campania, Emilia-Romagna, Molise, Sardegna, Umbria). Tuttavia, nonostante i progressi continui, l’inclusione più elevata si continua ad osservare nelle regioni del Nord-est (35,2% dei bambini di 0-2 anni iscritti agli asili nido) e del Centro (32,2%).

Come ricorda poi l’Istat «la quota di persone di 25-64 anni con almeno un titolo secondario superiore e la quota di persone di 30-34 anni che hanno conseguito un titolo universitario o altro titolo terziario sono gli indicatori che consentono di monitorare il raggiungimento di un livello di istruzione adeguato e di confrontare la situazione italiana con il resto d’Europa». Nel 2022 i due indicatori ritornano a crescere, dopo la battuta d’arresto del 2021. Nonostante la crescita registrata, l’Italia è ancora lontana dalla media europea, con una distanza ancora più accentuata tra gli uomini. Sempre nel 2022, il 63% delle persone di 25-64 anni ha almeno una qualifica o un diploma secondario superiore (+0,3 punti percentuali rispetto al 2021) rispetto a una media europea di circa il 79,5%. Superano il 70% in Friuli-Venezia Giulia (71,2%), Umbria (71,5%), Provincia Autonoma di Trento (72%) e nel Lazio (72,1%), mentre sono meno del 60% in Sicilia (52,4%), Puglia (52,5%), Campania (53,8%), Sardegna (54,6%) e Calabria (56,6%). Tra le donne il 65,7% ha almeno un titolo secondario superiore, mentre la quota europea raggiunge circa l’80%. Tra gli uomini, invece, la quota di diplomati in Italia è del 60,3% mentre in UE27 raggiunge circa il 78%.

 

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