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Transizione ecologica, dalle città emergono deboli segnali

Nel 2021 torna a crescere l’offerta complessiva di Tpl, ma la domanda non recupera. Nei comuni capoluogo il verde urbano rappresenta in media il 2,9% del territorio: così il report Istat

di Redazione

L’Istat rileva come dalle città emergano deboli segnali di transizione ecologica nello scenario post-pandemico. La conclusione è contenuta nel report Ambiente urbano – Anno 2021, in cui l’Istat mette in evidenza che nel 2021 l’offerta di Trasporto pubblico locale (Tpl) torna ai livelli pre-pandemici, ma la domanda non recupera, mentre resta ampio il divario Nord-Sud nei servizi di Tpl. Inoltre, nel Tpl rallenta lo sviluppo delle infrastrutture fisse, ma prosegue il rinnovamento del parco circolante. In compenso si rafforza l’offerta dei servizi di mobilità condivisa. Le aree di forestazione urbana, utili alla mitigazione dei cambiamenti climatici (circostanza che stiamo osservando proprio in questi giorni di caldo su valori record), sono presenti solo in 55 capoluoghi su 109 (+22% di superficie rispetto al 2011).

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Nello specifico, osserva l’Istat, nei comuni capoluogo, dove vive il 30% della popolazione italiana (17,6 milioni di abitanti), il verde urbano rappresenta in media il 2,9% del territorio (572 km quadrato), pari a 32,5 metri quadrati per abitante. Le aree naturali protette (comprese quelle della Rete Natura 2000) sono invece pari al 16,7% (oltre 3.268 km2). Complessivamente le aree verdi urbane e protette, al netto delle sovrapposizioni, coprono 3.841 km2, pari al 19,6% del territorio dei capoluoghi. La superficie complessiva delle aree verdi aumenta in media dello 0,3% all’anno dal 2011 (+0,6% all’anno nei capoluoghi metropolitani). Non tutte le aree verdi sono aperte alla fruizione diretta dei cittadini, spiega però l’Istat: la proporzione di quelle accessibili è di 19,5 m2 per abitante. Il rapporto è significativamente più alto nelle città del Nord (mediamente 30,1 nel Nord-est e 20,1 nel Nord-ovest, mentre scende a 18,9 al Centro e a 11,9 nel Mezzogiorno). Tra i capoluoghi metropolitani spiccano Venezia e Torino (40,5 e 22,5 m2 per abitante), mentre agli ultimi posti si trovano Genova al Nord e Messina nel Mezzogiorno, con meno di sei m2 per abitante. La disponibilità di aree verdi accessibili è minore nei capoluoghi metropolitani rispetto agli altri capoluoghi (16 contro 23,3 m2 per abitante in media). Le aree naturali protette, capaci di produrre servizi ecosistemici e di importanza strategica ai fini della tutela della biodiversità, ricoprono più della metà del territorio a Venezia, Messina e Cagliari (la Laguna a Venezia, i Monti Peloritani e la Dorsale Curcuraci a Messina e lo Stagno a Cagliari, una delle più importanti aree umide d’Europa).

Ad ogni modo le aree di forestazione urbana e periurbana (compresi nell’investimento 3.1 dedicato alla tutela e alla valorizzazione del verde urbano e extra urbano nel PNRR) – aggiunge l’Istat –, contribuiscono alla riduzione delle emissioni e dell’effetto “isola di calore” tipico delle aree urbane. Sono stati realizzati interventi di forestazione urbana in 55 capoluoghi (erano 30 nel 2011), estesi per 12,7 milioni di m2, corrispondenti a 34 m2 per ettaro di superficie urbanizzata. Tali aree sono particolarmente diffuse nei capoluoghi del Nord, che presentano valori molto superiori a quelli delle altre ripartizioni: 77 m2 per ettaro nel Nord-est e 40 m2 nel Nord-ovest, 20 m2 nel Centro, 8 m2 al Sud e 6 nelle Isole.

Altro elemento interessante che emerge dal report dell’Istat è l’accelerazione dello sviluppo delle ciclabili, anche se rimane ancora ampio il divario fra Nord e Centro-sud. La rete delle piste ciclabili continua perciò ad espandersi a ritmo crescente, registrando nel 2021 un incremento del 7,4%, dopo il +5,3% del 2020, il +4,4% del 2019 e il +3% del 2018. Lo sviluppo complessivo delle ciclovie supera 5.300 km nell’insieme nei comuni capoluogo (+25,1% rispetto al 2016). Tuttavia, 27 capoluoghi (uno su quattro, fra cui Messina e Catania) dispongono di una rete molto ridotta (meno di 10 km) e altri sei – tutti nel Mezzogiorno – ne sono del tutto privi. Nell’ambito del PNRR l’Investimento 4.1 della Missione 2, Componente 2 (“Rafforzamento della mobilità ciclistica”), prevede la realizzazione entro il 2026 di 365 km di nuove piste ciclabili urbane. L’incremento delle piste ciclabili, spiega allora l’Istat, è stato più intenso al Centro-sud (+9,8% sull’anno precedente, contro +6,5% del Nord), confermando il trend degli ultimi cinque anni. Il divario territoriale, pertanto, si va lentamente riducendo, ma le differenze sono ancora molto ampie e la dotazione resta particolarmente carente nelle grandi città del Mezzogiorno. Oltre il 70% dell’infrastruttura ciclabile si concentra, infatti, nelle città del Nord, dove la densità raggiunge 65 km per 100 km2 di superficie territoriale, contro i 27,4 della media dei capoluoghi: quasi quattro volte il valore medio del Centro (17,7) e più di dieci volte quello del Mezzogiorno (6,3). La densità della rete è mediamente più alta nei capoluoghi metropolitani (41,6 km per 100 km2, contro i 24,1 degli altri capoluoghi), ma le differenze fra le grandi città sono ancora maggiori di quelle fra le ripartizioni. Le densità più elevate si rilevano a Torino e Milano (fra 160 e 170 km di piste ciclabili per 100 km2), seguite da Bologna e Firenze (fra 115 e 120). All’estremità opposta si collocano, invece, Napoli (16,1 km di piste ciclabili per 100 km2) e Reggio di Calabria, Messina e Catania (meno di 5).

 

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